I suoli sono la base della vita e allo stesso tempo proteggono il clima, ma le cose non vanno bene per loro. A causa dell'eccessiva fertilizzazione, della deforestazione, della salinizzazione e del sovrapascolo, quasi due miliardi di ettari di terreni arabili e pascoli in tutto il mondo sono colpiti da un degrado del suolo da moderato a grave. Il risultato? Calo delle rese, minore biodiversità, peggioramento della qualità delle falde acquifere, minore sequestro di anidride carbonica.

 

Secondo i rapporti dell'Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc), entro il 2030 la situazione diventerà critica.

 

Il Max Planck Institute of Colloids and Interfaces (Mpici) ha sviluppato una tecnologia che potrebbe contribuire a migliorare il suolo in tutto il mondo: la produzione di materia umica artificiale a partire da residui organici.

 

La materia umica artificiale potrebbe compensare la perdita di buona qualità del suolo dovuta alla mancanza di un'economia circolare in grado di assicurare la restituzione di carbonio organico al suolo.

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Le sostanze umiche naturali sono componenti del terreno fertile umico, a cui conferiscono il suo colore scuro. Si formano durante il processo di decomposizione del materiale biologico, ma questo processo richiede anni. Il processo messo a punto dall'istituto di ricerca è in grado di umificare materia organica residua dopo sole dodici ore. Questa tecnologia è stata selezionata dall'Unione Internazionale di Chimica Pura e Applicata (Iupac) come una delle "Dieci Migliori Tecnologie Emergenti in Chimica 2021" perché potrebbe rappresentare una soluzione fondamentale per la crisi climatica.

 

La materia umica artificiale ha proprietà simili a quelle naturali e produce gli stessi effetti positivi sul suolo: miglioramento della qualità e della struttura generale del suolo, ritenzione idrica, capacità di legare i minerali e aumento dell'attività microbica nei suoli. Questa tecnologia è stata utilizzata con successo per salvare i tigli secolari del Palazzo di Sanssouci, minacciati dall'impoverimento del suolo causato dai cambiamenti climatici.

 

Abbiamo intervistato Giulia Ischia, ricercatrice presso l'Mpici che ci ha gentilmente fornito una dettagliata panoramica sulla tecnologia di produzione e sulle proprietà dell'humus artificiale.

 

In cosa consiste l'umificazione artificiale?

"La tecnologia è nota come 'processo idrotermico' e consiste nel bollire la biomassa ad alte temperature e pressioni. Nella nostra ricerca (1), il test è stato condotto a 270-280°C, ma generalmente si opera a condizioni più basse, da 190 a 220°C (per esempio, 2, 3 e 4)  e pressioni al massimo di 10-20 atmosfere, che sono comunque gestibili industrialmente. A livello industriale, poi, si fa affidamento sulla già nota carbonizzazione idrotermica, che è tecnologicamente più avanzata. Esistono già impianti pilota: ad esempio, le facilities del DBFZ a Lipsia, che si occupano di trasferimento tecnologico e dove hanno reattori fino a 100 litri, oltre ai primi impianti commerciali, come TerraNova. In Italia, c'è la startup CarboREM.

 

Comunque, dalla mia esperienza, il processo va condotto in reattori semicontinui, sia per il pompaggio e i costi di gestione delle pressioni elevate, sia per l'approvvigionamento delle biomasse, che non si riescono a fornire ventiquattro ore su ventiquattro. Le caratteristiche del processo dipendono dal substrato; l'ideale sarebbe posizionare l'impianto all'interno di un impianto di depurazione (ad esempio, a valle della digestione anaerobica) o in realtà industriali dove c'è molto prodotto di scarto, come nei processi alimentari (ad esempio le mele) o nelle cartiere, dove c'è il flusso di lignina in uscita".

 

Che caratteristiche hanno le sostanze umiche artificiali?

"Le sostanze umiche possono essere sia solidi sia liquidi.

Formalmente, si dividono in:

  • acidi umici, solidi dopo precipitazione acida dalla fase acquosa;
  • acidi fulvici, sempre liquidi (quello che rimane da precipitazione acida);
  • umina, solida, che è la parte meno preziosa (di fatto biomassa digerita), ma comunque presente e impiegabile.

 

Queste tre fasi vengono generalmente separate per scopi analitici, ma industrialmente parlando l'idea è di impiegare l'intero prodotto di uscita dal processo idrotermico (quindi, miscela solida e liquida) da usare direttamente nel terreno o preparare dei 'suoli artificiali'".

 

Con quali biomasse vengono prodotte le sostanze umiche artificiali e come influiscono sul prodotto finale?

"In linea di massima si possono utilizzare fanghi e digestati, letame, scarti forestali, Forsu, eccetera. In generale, la sostanza umica 'eredita' le proprietà del substrato di partenza. Ad esempio, se utilizziamo cellulosa si otterranno acidi umici ricchi in gruppi alifatici e cellulosa digerita. Nel caso di utilizzo della Forsu, si otterrà una miscela di lignina, carboidrati e acidi grassi prodotti durante il processo".

 

Uno dei problemi che frenano la diffusione di processi basati sul recupero di biomasse residue è la percezione dell'opinione pubblica che, spessissimo a torto, li ritiene "puzzolenti". Come agisce l'umificazione idrotermica in questo senso?

"In generale, l'umificazione idrotermica distrugge tutti i VOC, Composti Organici Volatili: la temperatura e la pressione (massimo 250°C e 50 atmosfere) portano alla rottura dei legami chimici, quindi l'odore cambia completamente rispetto al prodotto iniziale (assomiglia a un compost). Piuttosto, soprattutto con substrati difficili come la Forsu, il rischio è di produrre altri sottoprodotti come fenoli e furani, di cui comunque bisogna prendersi carico e verificarne la presenza. Su questo non abbiamo ancora studi diretti sulla Forsu, ma c'è ampia letteratura sul processo di carbonizzazione idrotermica (ossia lo stesso processo ma in ambiente acido)".

 

Qual è il consumo energetico del processo? È tutto endotermico o ha una fase esotermica, come la carbonizzazione a secco, dalla quale si possa recuperare un po' di calore?

"Non abbiamo letteratura specifica su questo argomento, ma è molto probabile che il processo sia leggermente esotermico (come mostrato ad esempio in una ricerca condotta da me e il gruppo di ricerca dell'Università di Trento, 5). Comunque, non è sufficiente per recuperare calore dalla reazione (anche se può aiutare a compensare le perdite di calore).

 

A livello industriale, in sistemi in continuo o semicontinuo, piuttosto il recupero energetico avviene tramite ricircolo: finita la reazione, la miscela 'calda' viene utilizzata per riscaldare un olio termico che, a sua volta, preriscalda la miscela in ingresso".

 

Cosa succede con l'acqua alla fine del processo? Diventa un refluo da trattare?

"L'acqua di processo generalmente contiene acido lattico (proveniente dalla digestione alcalina), altri acidi carbossilici (principalmente acetico), e macromolecole non identificabili che costituiscono la sostanza umica (come porzioni di aldeidi e frammenti di lignina ossidata).

 

Come accennavo prima, il processo è pensato per impiegare anche la fase acquosa, ma se farla seguire da digestione o compostaggio per stabilizzarla dipende molto dal substrato iniziale. L'idea è di abbattere i composti fitotossici già durante la reazione. Ad esempio, non si producono furani grazie alle condizioni alcaline, ma su questo ci stiamo lavorando".

 

Bibliografia

(1) Fliri, L., Dubivka, K., Rusakov, D., Volikov, A., Guizani, C., Hietala, S., et al. (2024). Identification of a polyfuran network as the initial carbonization intermediate in cellulose pyrolysis: a comparative analysis with cellulosic hydrochars. Journal of Analytical and Applied Pyrolysis, 181: 106591.

(2) Tkachenko, Vitalii and Marzban, Nader and Vogl, Sarah and Filonenko, Svitlana and Antonietti, Markus, Chemical insights into the base-tuned hydrothermal treatment of side stream biomasses, Sustainable Energy Fuels, 2023, volume  7, issue 3, pages  769-777, The Royal Society of Chemistry.

(3) Marzban, N., Libra, J.A., Rotter, V.S. et al. Maximizing the value of liquid products and minimizing carbon loss in hydrothermal processing of biomass: an evolution from carbonization to humification. Biochar 6, 44 (2024).

(4) A. Volikov , H. Schneider , N. V. Tarakina , N. Marzban , M. Antonietti and S. Filonenko, "Artificial humic substances as sustainable carriers for manganese: Development of a novel bio-based microfertilizer," Biofuel Research Journal, 11 1 (2024): 2013-2024, doi: 10.18331/BRJ2024.11.1.3.

(5) G. Ischia, M. Cazzanelli, L. Fiori, M. Orlandi, A. Miotello, Exothermicity of hydrothermal carbonization: Determination of heat profile and enthalpy of reaction via high-pressure differential scanning calorimetry, Fuel, Volume 310, Part A, 2022, 122312, ISSN 0016-2361.