La rinuncia è stata comunicata da Brandon Mitchener, responsabile Europeo di Monsanto, in occasione di un'intervista al giornale tedesco Tageszeitung.
"Non faremo più lobby per nuove coltivazioni in Europa - avrebbe dichiarato al quotidiano Mitchener - Al momento non pensiamo di presentare nuove richieste. La ragione, tra le altre, è la scarsa domanda degli agricoltori".
Non vi è da stupirsi di una tale decisione. Oltre all'Italia altre sette nazioni (Austria, Bulgaria, Francia, Grecia, Ungheria, Lussemburgo e Polonia), hanno vietato la coltivazione di varietà biotech sui propri territori.
La querelle è tutt'altro che sopita, ma dato che per una multinazionale le battaglie vanno condotte solo se portano a ragionevoli profitti, quella da sostenere in Europa deve essere risultata evidentemente troppo onerosa a fronte di possibilità di successo reputate scarse.
Non che Monsanto abbia bisogno nel Vecchio Continente di vendere colture Gm, dato che comunque pare cavarsela benissimo a livello commerciale con quelle convenzionali. Però la notizia ha suscitato un certo scalpore. Del resto anche Basf aveva comunicato una decisione analoga solo pochi mesi or sono. Quindi la resistenza al biotech (tutta europea) sembra avere per il momento la meglio.
In tal modo, mettiamola così, si potranno anche verificare gli effetti di tali decisioni sul lungo periodo, confrontando gli andamenti produttivi, sanitari e ambientali di Nuovo e Vecchio continente in materia di organismi geneticamente modificati.
Al di là dell'Oceano, infatti, gli Ogm vanno alla grande e per certe colture si sfiora il 90% delle superfici coltivate, come per la soia per esempio.
Sicuramente i nostri nipoti malediranno qualcuno. Resta però da vedere se saranno i nipoti statunitensi oppure quelli europei.
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