Dopo l'olio la Cina sta diventando un produttore di vino. E accanto alle imprese locali, che hanno acquistato barbatelle e know how dalla Francia e si sono messe a produrre in regioni come quella del Shandong e del Ningxia, ci sono anche produttori europei che hanno iniziato a coltivare la vite direttamente in Cina.
 
È il caso del Gruppo del lusso Lvmh, che controlla brand come Dior e Dom Pérignon, che nella regione del Yunnan, nel Sud del paese, al confine con la Birmania, ha impiantato dei vigneti per produrre un vino che ha l'ambizione di posizionarsi nella fascia del lusso.

L'idea è stata quella di unire l'immaginario himalayano, fatto di alte montagne, natura incontaminata e acqua limpida, con quello del vino. E il risultato sembra essere riuscito visto che il prezzo di vendita di sei bottiglie di Ao Yun si aggira intorno a 1.800 euro su Liv-ex, l'indice britannico del mercato secondario, animato da commercianti e wine lover di tutto il mondo.
 

A 'scovare' l'area destinata alla produzione del vino è stato Tony Jordan, enologo e scienziato, che ha girato quattro anni per la Cina alla ricerca del luogo ideale per impiantare cabernet sauvignon, cabernet franc, syrah e verdot. In queste zone il microclima è perfetto per la crescita della vite (assomiglia al Bordeaux, dicono) e anche il suolo si presta bene a questa coltivazione. Si tratta di 28 ettari in quattro villaggi (Adong, Shuori, Sinong e Xidang) situati nell'alta valle del Mekong.

La coltivazione avviene completamente a mano. I contadini della zona sono stati 'arruolati' nell'impresa e in giro per le vigne non si vedono trattori, ma buoi, e tutte le operazioni che solitamente in Europa sono meccanizzate in questa regione della Cina vengono eseguite a mano.

La parte di cantina è seguita invece dall'enologo Maxence Dulou, che in quota effettua la parte di vinificazione (in orci di terracotta). Mentre proprio quest'anno ha deciso di assemblare il vino ad Hong Kong, sul livello del mare, visto che i 2.600 metri di quota a cui crescono le viti (con un -25% di ossigeno) incideva troppo sulle operazioni di assaggio e blending.

Ao Yun, che significa 'volare sopra le nubi', ha ottenuto già ottimi riconoscimenti, come i novantasei punti da James Suckling, autorevole critico che opera ad Hong Kong. E il fatto che ne vengano prodotte solamente 24mila bottiglie all'anno contribuisce ad avere l'effetto di un vino esclusivo.

A dire il vero l'operazione sembra fondamentalmente di marketing e visitando il sito dedicato al vino saltano agli occhi alcune forzature. Si parla di vigne che crescono sui contrafforti dell'Himalaya, quando la famosa montagna si trova a qualche migliaio di chilometri di distanza. E si legge che viene prodotto "non lontano dalla leggendaria città di Shangri-La", che in quanto luogo immaginario non ha una location precisa.

E affermazioni come la seguente lasciano perplessi: "La vendemmia e la vinificazione sono eseguite rigorosamente a mano, come vuole l'antica tradizione locale". In quanto il vino cinese, di tradizionale, non ha proprio nulla. Ma il fatto che i consumatori apprezzino il vino e siano disposti a spendere cifre elevate per accaparrarselo conferma la capacità dei francesi di valorizzare i loro prodotti sul mercato, anche quando il luogo di produzione non è la Francia. Un aspetto riguardo al quale avremmo molto da imparare.