Giovanni Aldini era il nipote del famoso scienziato bolognese Luigi Galvani, scopritore della elettricità animale. L’Aldini, professore all’Università di Bologna già nel 1798, continuò gli studi pionieristici dell’illustre zio sull'elettricità e sulle sue applicazioni in medicina. Gli esperimenti l’Aldini li faceva anche in pubblico, elettrificando cadaveri - pare infatti che fosse convinto di poter ridare la vita alle salme attraverso l’applicazione di scariche elettriche.
Nel 1803 a Londra applicò le sue teorie in pubblico sul corpo di un giustiziato, con spaventevoli effetti – il corpo attraversato dall’elettricità si muoveva in maniera inconsulta, sembrando effettivamente vivo e terrorizzando il pubblico inglese che, raccontano le cronache, ne rimase sconvolto. Fra gli astanti vi era anche Mary Shelley, che di lì a poco avrebbe scritto "Frankestein, ovvero il moderno Prometeo", che noi conosciamo soprattutto per le tante versioni cinematografiche.
Questa storia mi viene sempre in mente quando sento parlare delle nuove tecnologie e della loro accettazione sociale. E’ indubbio che gli Ogm abbiano provocato in tanta gente una forte inquietudine. Un'inquietudine forse assomigliante a quella degli spettatori agli esperimenti del professor Aldini – esperimenti certo rudimentali quanto rudimentali appaiono oggi i “vecchi” Ogm a confronto con le nuove e promettenti tecniche di gene editing. Tecniche che possono aprire nuove e formidabili frontiere in medicina e in agricoltura – a patto che siano, e appaiano, non inquietanti al grande pubblico.