L’incremento dell’Iva dal 20% al 21% introdotto dall’ultima manovra finanziaria comporterà, oltre ad un aumento della spesa complessiva per i consumatori, un notevole aggravio per le aziende che producono e commercializzano vino. La stima per le 415 cantine cooperative vitivinicole aderenti a Fedagri è di un incremento dei costi di produzione pari a 11 milioni di euro l’anno". A denunciarlo è Adriano Orsi, presidente del Settore vitivinicolo di Fedagri Confcooperative, a margine del Comitato nazionale del settore riunitosi a Roma.  

“Non solo il nostro settore era già discriminato rispetto ad altri comparti dell’agroalimentare - continua Orsi - perché l’unico, insieme ai legnami, ad essere soggetto a pagare una aliquota Iva al 20%, mentre per tutti gli altri prodotti le aliquote sono prevalentemente del 10% (ad eccezione di burro, formaggio, frutta, ortaggi e olio per i quali l’aliquota è al 4%). Ora le cooperative che non operano a regime Iva ordinario vedranno incrementare di un punto percentuale di Iva tutta una serie di costi quali l’acquisto di materiale per il confezionamento (bottiglie, tappi, etichette, cartoni), i macchinari, le manutenzioni, le prestazioni di servizi, i trasporti, le provvigioni ed altro. Ciò si tradurrà in un maggiore costo a carico delle aziende di oltre 11 milioni di euro l’anno”.

“Riteniamo che in tempo di crisi – spiega Orsi – l’effetto di questa misura sarà devastante sugli investimenti soprattutto nelle cantine di minori dimensioni e inciderà sul reddito di centinaia di migliaia di soci viticoltori conferenti, anch’essi colpiti a loro volta dall’aumento dell’Iva”.

L’organizzazione cooperativa ha anche discusso nel Comitato del Settore vitivinicolo della necessità di mantenere i diritti di impianti per tutti i tipi di vino, anche dopo il 2015, al fine di dare stabilità al mercato e adeguare l’offerta alla domanda. Al momento, i Paesi europei che hanno sottoscritto una posizione comune a favore del sistema dei diritti sono 12.