È recente la conferma nel Regno Unito di un caso di influenza aviaria in una persona.
Il contagio di un uomo non è una novità, se non per l'essere avvenuto in territorio europeo, dove questi eventi sono rari.
Da tempo sono noti analoghi casi in altre parti del mondo, in particolare laddove può essere frequente una stretta convivenza fra animali e uomo, come accade nelle aree più povere.
Il contagio registrato in Inghilterra centrale, nella contea di West Midlands, vede coinvolto un operatore del settore avicolo, nel quale la malattia si è evoluta senza particolari conseguenze.
Nessun pericolo, è opportuno ricordarlo, può derivare dal consumo di carni e prodotti avicoli, peraltro sottoposti a cottura.
Il virus nei bovini
Il caso inglese è avvenuto però all'indomani di analoghi episodi registrati negli Usa.
In quell'occasione la fonte del contagio sono stati i bovini da latte che, sorprendendo gli stessi virologi, si sono dimostrati sensibili al virus.
Già era noto che questo virus può aggredire i mammiferi e fra questi alcuni animali domestici, come ad esempio i gatti.
Anche per loro il contagio è prevalentemente legato alla vicinanza con specie avicole infette.
Ciò che preoccupa per gli episodi avvenuti negli Usa è il passaggio del virus da un mammifero (il bovino) a un altro mammifero (l'uomo).
C'è il rischio, affermano taluni ricercatori, che in questa sua continua evoluzione il virus acquisisca la capacità di trasferirsi da uomo a uomo. Un'evenienza per ora mai avvenuta.
Limitarne la diffusione
Per evitare che il virus dell'influenza aviaria possa in un lontano futuro rappresentare una minaccia anche per le persone, è necessario limitarne quanto più possibile la diffusione. Per questo quando un allevamento avicolo è colpito si preferisce sacrificare tutti gli animali, anche se ciò comporta un costo enorme sotto il profilo economico ed etico.
Per lo stesso motivo il ricorso alla vaccinazione degli animali, caldeggiata in questi giorni dai vertici di Cia, avviene solo in situazioni di emergenza.
E' bene ricordare che il sacrificio degli animali consente l'eliminazione certa del virus, cosa che il vaccino non permette.
Semmai, come già AgroNotizie® ha suggerito, sarebbe opportuno ripensare al modello di sviluppo dell'avicoltura, che oggi ha nei confronti di questo virus alcune vulnerabilità.
Il vaccino
Le misure adottate a livello internazionale sono quelle che più garantiscono il contenimento del virus, che nonostante tutto continua a circolare in tutto il mondo e purtroppo anche in Italia.
Per questo non deve destare allarme la notizia che la Commissione europea avrebbe commissionato a un'impresa farmaceutica la preparazione di vaccini da destinare alle persone.
L'epidemia da Covid ha dimostrato quanto sia importante predisporre per tempo un piano pandemico capace di fronteggiare con efficacia eventuali emergenze sanitarie. E quella da influenza aviaria non è l'unica.
Il ruolo degli allevatori
Difficile sconfiggere il virus dell'influenza aviaria, tanto più che può contare sulla "alleanza" con gli uccelli selvatici, che lo trasportano inconsapevolmente anche a grandi distanze.
Per questo le strutture sanitarie devono poter contare sulla collaborazione degli allevatori. A questi ultimi si chiede l'applicazione di rigide misure di biosicurezza e di sopportare le conseguenze devastanti di ogni nuovo focolaio.
Nello svolgere questo compito gli allevatori svolgono un ruolo che ha grande importanza anche sul piano sociale nel contenimento del virus, motivo per il quale andrebbero non solo rimborsati, ma anche premiati.
Premi non ce ne sono e spesso anche i rimborsi non sono quelli attesi.
Più soldi
Negli ultimi mesi in Italia sono stati abbattuti a causa dell'influenza aviaria 1,7 milioni di animali, che si aggiungono alle migliaia di suini sacrificati a causa della diffusione della peste suina africana.
La gravità della situazione, questa la denuncia che viene da Confagricoltura, supera le capacità finanziarie disponibili.
Per questo si chiede di attivare la riserva di crisi prevista da Bruxelles e finanziata a livello europeo con 450 milioni di euro l'anno.
In questo modo sarebbe possibile aumentare gli stanziamenti che lo Stato prevede per i danni indiretti.
Il ministro per l'Agricoltura, Francesco Lollobrigida, ha fatto sapere che alla Commissione Europea è già stata notificata la richiesta di attivazione delle misure previste dall'articolo 220 dell'Ocm (organizzazione comune dei mercati) unica, utilizzando i fondi della Riserva agricola. Non resta che aspettare.