Ha fatto discutere in questi giorni la scelta di Italatte, società del gruppo francese Lactalis, di ridurre il prezzo del latte pagato agli allevatori.
Una decisione, come già approfondito da AgroNotizie, che sembra cozzare fra l'altro con le regole della direttiva comunitaria contro le pratiche commerciali sleali.

A indurre Italatte a questa decisione è con tutta probabilità la flessione del prezzo medio europeo del latte.
Le rilevazioni della Commissione europea, sintetizzate nella tabella che segue, confermano che in marzo il prezzo si è fermato a 34,4 euro per quintale, con una riduzione dell'1,6% rispetto al mese precedente.
Ma già le prime anticipazioni sull'andamento del prezzo in aprile segnalano una progressione a 34,5 euro al quintale.
 
 

Meglio dello scorso anno

Nonostante questa modesta flessione, il prezzo medio del latte europeo in questo inizio 2019 resta sensibilmente più alto di quello dello scorso anno, quando la quotazione media europea segnava continue flessioni, per portarsi dagli iniziali 35,5 euro di gennaio ai 32,6 di aprile, per poi continuare una discesa che si interromperà solo a inizio estate.

Un ciclo che si ripete (salvo qualche rara eccezione) da molti anni, come si può notare dal grafico che segue, dove sono riportati gli andamenti dei prezzi medi di quasi venti anni.
 


Prezzi in aumento?

Si ripeterà anche nel 2019 questo stesso disegno?
I segnali ci sono, come si può notare dall'andamento del prezzo del latte spot, quello venduto fuori contratto.
Sulla piazza di Lodi, mercato di riferimento per questa tipologia di prodotto, il prezzo per quintale di latte si attesta il 21 maggio a 39 euro, con un più 1,6% rispetto alla settimana precedente e con una variazione positiva del 14,7% rispetto a un anno fa.
Percorso analogo quello seguito dal latte spot di provenienza francese (33 euro) e quello tedesco (34 euro), dati che emergono dalle rilevazioni di Assolatte.

Il recupero delle quotazioni potrebbe essere dunque più celere che in passato.
A suggerire questa previsione sono i dati sulla produzione.
Dopo l'aumento registrato nel 2018, quando si è prodotto il 3,7% in più di latte, gli allevatori nei primi mesi del 2019 hanno spinto sul freno. Lo dimostra il grafico che segue, tratto da un recente report Ismea sul mercato lattiero caseario italiano.
 


Meno latte nella Ue

Non è solo l'Italia a rallentare, ma l'intera zootecnia europea, che nei primi due mesi del 2019 ha fatto registrare una flessione dello 0,8% nella produzione di latte.
Una tendenza che sembra accomunare in questo periodo dell'anno gli altri paesi grandi produttori di latte, come Australia, Nuova Zelanda e Usa.

Meno latte sui mercati internazionali può favorire una ripresa dei prezzi, purché la domanda si mantenga attiva a livello globale e su questo fronte uno dei principali protagonisti mondiali è la Cina, che ha incrementato le importazioni di alcuni prodotti, in particolare latte in polvere.

Ma non sempre Pechino ha dato la preferenza a burro, siero di latte e caseinati provenienti dall'Unione europea, che mostrano così qualche cedimento.
 


Consumi, nota dolente

Questo il quadro internazionale, ma cosa accade in Italia?
Qualche segnale preoccupante arriva dalla tendenza dei consumi di latte e trasformati, con un calo complessivo che Ismea indica in un meno 1,3%.
Ad essere penalizzati, come si nota dal grafico che segue, tratto dal citato report di Ismea, è in particolare il consumo di latte e di formaggi generici.

Una conseguenza degli attacchi mediatici e dell'inadeguata informazione che viene fatta nei confronti dei prodotti lattiero caseari.
A questo scenario si contrappone tuttavia la crescita di altri segmenti, come formaggi a denominazione e latte “funzionale”, segno di una maggiore maturità e consapevolezza da parte dei consumatori meglio informati.
 


L'export tiene...

A contrastare l'eventuale caduta del prezzo del latte che potrebbe derivare dalla flessione dei consumi, arriva la provvidenziale tenuta delle esportazioni, che al contrario registrano in qualche caso aumenti significativi.

In valore l'export del settore lattiero caseario è cresciuto del 3,7% e dello 0,7% in quantità.
Fra i “campioni” di questa crescita il Grana Padano e il Parmigiano Reggiano, seguiti dal gorgonzola. Bene anche i freschi, con la mozzarella ai primi posti.


...ma i costi salgono

Lo scenario nazionale non mostra dunque segnali di una imminente crisi del settore e i prezzi del latte dovrebbero dunque mantenersi sui valori attuali, a dispetto delle richieste che giungono dalle industrie del latte che chiedono “sconti”.

Diversamente per gli allevatori sarebbe difficile far quadrare i conti, dopo i significativi aumenti dei costi di produzione, cresciuti di oltre 7 punti percentuali nel corso del 2018.
Una conseguenza dell'aumento del costo dei mangimi e dei prodotti energetici, come emerge dalle analisi Ismea sulla redditività degli allevamenti e come evidenziato dal grafico che segue.
 
 
Compito difficile quello delle previsioni di mercato.
Un aiuto può venire dall'esame delle tendenze in atto. Ma occorre conoscere i "numeri del latte" e in tempi di mercati globali lo sguardo deve allargarsi a livello internazionale.
Le fonti non mancano e AgroNotizie le raccoglie per dare ai lettori gli strumenti per orientarsi.