Già in passato vennero pubblicati alcuni  studi che dimostravano che i mangimi contenenti Ogm erano sicuri. Fra i tecnici del settore è infatti noto lo studio effettuato su 100 miliardi di animali nutriti in anni pre e post avvento degli Ogm, rivelando che nulla cambiava se non in meglio.

Ora anche in Italia si rilancia la medesima posizione e la medesima pubblicazione: i mangimi contenenti Ogm non sono pericolosi per la salute degli animali. Una pressione mediatica quanto mai opportuna, questa, visti i recenti orientamenti normativi della Ue in materia di delega agli Stati membri delle approvazioni degli Ogm, sia in campo, sia nell'alimentazione. Un'eventualità, quella della proibizione dei mangimi contenenti Ogm, che devasterebbe l'attuale filiera zootecnica italiana alla base di buona parte dei salumi e dei formaggi Igp e Dop. Senza mangimi d'importazione, contenenti giocoforza Ogm, s'incepperebbe infatti la produzione di materie prime nazionali. Non che ciò fermerebbe l'industria alimentare, sia chiaro, perché questa si approvvigionerebbe sempre più all'estero per produrre e vendere. Punto e a capo con un filo di gas. E che l'agricoltura e la zootecnia italiana se ne vadano pure a ramengo. Alla faccia del made in Italy e dei prodotti tipici, concetti questi sempre più fumosi e speculativi anziché sostanziali.
 
Conscia di tutto ciò, Assalzoo, l'Associazione nazionale che riunisce i produttori italiani di alimenti zootecnici, ha rilanciato anche in Italia i risultati del "100 billions study", svolto dai ricercatori del Department of animal science dell'University of California di Davis e pubblicato sulla rivista Journal of animal science. Tradotto in parole povere, l'uso di materie prime geneticamente modificate per costituire mangimi non comporta alcuna alterazione nella salute e nella produttività degli animali allevati. Il team di ricercatori americani ha infatti analizzato produttività e salute degli animali da allevamento a partire dal 1983, cioè prima dell'introduzione delle colture geneticamente modificate, fino al 2011.  In questo lasso di tempo sono stati raccolti dati su oltre cento miliardi di capi di bestiame. Dalla ricerca emergerebbe anche che latte, carne, uova e altri prodotti derivati da animali alimentati con Ogm risulterebbero del tutto indistinguibili dai prodotti derivati da animali alimentati con mangimi convenzionali.

La mangimistica italiana

Giuseppe Pulina è professore ordinario di Zootecnica speciale presso l'Università di Sassari, ma è anche coordinatore della Conferenza nazionale dei presidi e dei direttori delle Facoltà di Agraria. Infine ricopre il ruolo di coordinatore del comitato scientifico di Assalzoo.  Le sue idee in merito ai mangimi Ogm e al "100 billion study" sono decisamente chiare.

"Due ricercatori dell'Università della California, Van Eenenaam e Young, hanno esplorato la bibliografia disponibile e le altre evidenze tecniche e scientifiche reperibili per valutare l'impatto degli alimenti genericamente ingegnerizzati sulle popolazioni animali - ricorda Pulina - La risposta è chiara: questi alimenti sono del tutto equivalenti a quelli convenzionali. Sono equivalenti in quanto non trasmettono parti del genoma modificato a carni, latte e uova, in quanto non alterano le performance produttive, in quanto non comportano alcun rischio per la salute degli animali e, pertanto, anche per quella dei consumatori".

"I due ricercatori - continua Pulina - hanno poi analizzato le produzioni e  il mercato mondiale dei prodotti ingegnerizzati, osservando che i Paesi con rigide normative per il controllo degli alimenti geneticamente modificati (i cosiddetti Paesi "a zero-tolleranza"), hanno costi di import decisamente superiori per il rischio che si accollano i traders di 'inquinamento' accidentale delle derrate. I due ricercatori concludono che il processo di alimentazione animale che includa alimenti Gm è ineluttabile e che le filiere che non li utilizzano saranno "di nicchia" e sempre più costose a causa del maggior prezzo delle materie prime e dei connessi costi di controllo. Infine - conclude Pulina - è da sottolineare come la seconda generazione di colture Gm stia introducendo caratteri ben posizionati sul genoma in grado di aumentare le performance produttive, sia delle colture che degli animali".

Forse, sarebbe giunta l'ora in Italia di parlare degli Ogm da un punto di vista squisitamente scientifico, anziché mantenere la palla nel campo della demagogia, della politica populista, della disinformazione finto-ecologista e della sistematica menzogna di chi viva nel delirio di imporre la propria ideologia su fatti scientifici solidi e, come tali, inoppugnabili.