Scade a fine giugno l'accordo sul prezzo del latte ed è già il momento di pensare al rinnovo, che potrebbe essere all'insegna dell'aumento. Il precedente accordo, siglato fra Assolatte e allevatori nella notte dell'11 gennaio, fissava il prezzo del latte a 33,156 centesimi al litro. Un accordo, come riportato allora da Agronotizie, che riguarda solo gli allevatori della Lombardia, ma che di fatto rappresenta il “faro” al quale si fa riferimento in tutta Italia nelle intese fra industrie del latte e allevatori. Per lo stesso motivo all'appuntamento di fine giugno si guarda con molta attenzione, sperando in un ritocco verso l'alto e già si parla di una possibile intesa a 36 centesimi al litro. Sempre che la trattativa non venga complicata, come in passato, da posizioni intransigenti. Dipenderà dalle richieste che gli allevatori metteranno sul tavolo delle trattative e dai risultati delle analisi di mercato alle quali si affideranno le industrie del latte per dare la loro risposta. Difficile fare previsioni, anche se le tendenze di mercato degli ultimi mesi lasciano qualche spazio all'ottimismo.

 

I segnali a favore di un aumento...

Il prezzo del latte spot (quello venduto al di fuori dei contratti) è in crescita da ottobre dello scorso anno ed ora ha raggiunto e superato quota 36 centesimi al litro. Sono in ripresa anche le quotazioni del Grana Padano, il formaggio Dop che assorbe una parte importante della produzione di latte italiano. Dal punto più basso di 5,60 euro al chilo segnato nel settembre dello scorso anno, si è passati a quotazioni massime di 6,45 euro al chilo raggiunte sulla piazza di Milano a fine maggio. Situazione analoga e persino migliore per il Parmigiano Reggiano che ha toccato il massimo di 8,80 euro il chilo per il prodotto di 12 mesi. E la crescita di questi due grandi formaggi è un traino formidabile per il latte italiano. Purchè i buoni risultati non inducano i caseifici, come avvenuto troppe volte in passato, ad aumentare le produzioni. Se i magazzini di stagionatura si riempiono oltre il dovuto il prezzo potrebbe di nuovo precipitare. Un rischio tutt'altro che remoto in una situazione di stallo dei consumi interni e di difficoltà nello sviluppo dell'export. A questo proposito vanno salutati con ottimismo i dati riportati da Assolatte sull'andamento dell'export nei primi due mesi del 2010 che mostrano un incremento del 6% rispetto all'anno precedente. Intanto arrivano segnali positivi anche da altri comparti del caseario, come nel caso dell'Asiago (ma solo per quello “di montagna”) o del Piave, entrambi su prezzi superiori a quelli del 2009, come documentano le tabelle e i grafici riportati da Clal. In crescita anche i prezzi del formaggio tedesco Edamer (325 euro quintale) e quelli dell'Eidamskà, un formaggio prodotto nella Repubblica Ceca (337 euro quintale), tanto per citare alcune delle produzioni casearie nella Ue. A favorire una ripresa del prezzo è anche la flessione della produzione di latte che si registra in molti paesi, come si può constatare dalle elaborazioni di Clal. Stando a questa fonte, si ha una riduzione nelle consegne di latte nella Ue (-1,2%) e in Australia (-4,9%), mentre gli Usa sono sostanzialmente stabili (+0,3%).

 

...e quelli di segno opposto

Sin qui alcuni degli elementi del mercato che sembrano indicare un aumento del prezzo del latte. Altri indicatori sono però di segno opposto ed è opportuno tenerne conto. Iniziamo dal prezzo del petrolio che per la sua influenza sui costi dell'energia finisce per avere ripercussioni anche sul prezzo del latte, tanto che le curve di mercato del latte e del petrolio hanno storicamente andamenti simili. E il petrolio, dopo aver superato quota 80 dollari al barile in aprile, ha in seguito iniziato a flettere sino a scendere a quota 70 dollari. Tornando al mercato caseario, può essere motivo di preoccupazione il mercato del gorgonzola fermo ai minimi toccati nel 2009 o il mercato del provolone che dopo i ritocchi verso l'alto di fine 2009 non ha più dato segnali di ripresa ed ora è “congelato” da mesi su quotazioni che oscillano fra 4,60 e 4,75 euro per chilo (piazza di Milano, prodotto fino a 3 mesi di stagionatura). Altro motivo di preoccupazione può essere la ripresa della produzione di latte in Italia, favorita dagli aumenti di prezzo. Ma si tratta di quantità tutto sommato modeste.

 

Prevale l'ottimismo

I fattori che favoriscono una ripresa del prezzo del latte sembrerebbero così prevalere su quelli di segno opposto. “Ci sono tutte le condizioni - ha affermato Nino Andena nella sua duplice veste di presidente degli allevatori (Aia) e di vicepresidente di Coldiretti - per migliorare le condizioni sin qui accordate agli allevatori che da oltre un anno stanno lottando per sopravvivere”. Il prezzo attuale, è bene ricordarlo, è assai lontano dai costi di produzione del latte. Secondo le analisi del Crpa, il costo di produzione del latte alimentare è di circa 43 centesimi al litro, assai più dei 36 centesimi che gli allevatori sembrano intenzionati a chiedere.