Fino a qualche anno fa l'oidio era una malattia che caratterizzava principalmente i vigneti del Centro e Sud Italia, soprattutto nelle aree collinari più ventilate, e di rado attaccava la vite precocemente, nelle fasi successive al germogliamento.
Oggi invece sempre più spesso si assiste ad infezioni precoci, che coinvolgono le foglioline appena distese. Una situazione pericolosa perché tali infezioni spesso passano inosservate, in quanto il viticoltore non si aspetta attacchi così precoci. E soprattutto, i sintomi causati sono decisamente atipici: piccole macchie non ben definite sulla pagina inferiore della foglia.
Le infezioni primarie, di entità trascurabile, fungono poi da inoculo per infezioni secondarie che si propagano in vigneto e possono coinvolgere anche il grappolo in fioritura, causando quindi danni importanti.
Attacchi di oidio sempre più precoci
Ma quali sono le ragioni che hanno portato l'oidio ad infettare le viti precocemente, anche in areali in cui solitamente la sua presenza è trascurabile? Le cause sono essenzialmente tre e vanno ricondotte ai cambiamenti climatici, al ridursi di sostanze attive registrate e all'accumulo di inoculo svernante.
Partiamo dal clima. È indubbio che gli inverni si sono fatti più miti e questo avvantaggia la sopravvivenza dell'oidio nelle sue forme svernanti, come micelio nelle gemme e come cleistotecio. All'inizio della primavera l'inoculo potenziale di campo è elevato e le temperature miti facilitano le infezioni.
Bisogna poi considerare che le piogge primaverili scarse agevolano la diffusione dell'infezione, poiché l'oidio, a differenza della peronospora, non ha bisogno di acqua per propagarsi (pochi millimetri di pioggia o anche intense bagnature permettono ai cleistoteci di aprirsi e rilasciare le ascospore). Inoltre, la carenza di piogge spinge l'agricoltore a non trattare per difendere le viti dalla peronospora e dunque si elimina anche la protezione apportata da eventuali prodotti ad ampio spettro.
Vi è poi ovviamente il tema della riduzione delle sostanze attive ammesse in viticoltura. Quelle che sono rimaste hanno spesso una efficacia minore, anche in termini di persistenza e di sistemia.
C'è infine il tema dell'inoculo svernante, che merita tuttavia un focus specifico.
Oidio svernante e infezioni precoci della vite
"L'oidio può svernare attraverso due modalità, come micelio nelle gemme svernanti o come cleistotecio", spiega Tito Caffi, professore associato di Patologia Vegetale all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, che da anni lavora su questa malattia.
"Il micelio sverna tra le perule delle gemme e si riattiva in primavera, alla loro schiusura. Queste infezioni sono però rare, in quanto prevedono che il fungo si insedi sui tessuti l'anno precedente, durante la differenziazione delle gemme, che avviene nella fase immediatamente successiva alla fioritura. I cleistoteci sono invece corpiccioli sferici di colore bruno che contengono le spore sessuate del fungo, le ascospore. Si formano sul finire dell'estate e sono ben visibili sul micelio biancastro che ricopre le foglie".
Bastano pochi millimetri di pioggia per attivare i cleistoteci che svernano all'interno delle anfrattuosità della corteccia della vite, il ritidoma. Da qui si liberano le ascospore che vanno ad infettare gli organi verdi della pianta, in particolare le foglie basali dei germogli più vicini al ceppo. Il micelio che sverna nelle gemme invece si sviluppa di pari passo con il germoglio, compromettendo la funzionalità dei tessuti vegetali.
Il ciclo biologico dell'oidio
(Fonte foto: Arsia Toscana)
A causa dei cambiamenti climatici sempre più spesso si ritrovano all'inizio della primavera le condizioni di sviluppo dell'oidio. Si tratta di un timing a cui il viticoltore è poco abituato e quindi infezioni precoci possono passare inosservate. Ma dal micelio presente in campo si sviluppano poi nuovi conidi, le spore asessuate del fungo che propagano l'epidemia.
"Per avere un inculo basso in primavera è molto importante controllare il fungo tra il finire dell'estate e l'inizio dell'autunno, anche se sulla pianta non ci sono più i grappoli da difendere. Diverse prove condotte hanno dimostrato che trattamenti fungicidi tardivi offrono un controllo ottimale dei cleistoteci", sottolinea Caffi.
"Anche l'impiego di prodotti di origine biologica, come ad esempio a base del fungo parassita Ampelomyces quisqualis, risulta utile in questa fase anche se è fondamentale sottolineare che il loro impiego deve essere tempestivo durante il processo di formazione dei cleistoteci: in particolare quando la maggioranza è ancora di colore giallo, per permettere la parassitizzazione".
Cleistoteci su foglia di vite
(Fonte foto: Tito Caffi,professore associato di Patologia Vegetale all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza)
Attenzione al monitoraggio precoce in vigneto
Posto che controllare le infezioni primarie è fondamentale, un ruolo cruciale lo svolge il monitoraggio delle viti ad inizio stagione. Occorre infatti che il viticoltore monitori le foglie della vite, in particolare quelle più vicine al ceppo, fin dalle prime fasi successive al germogliamento e che intensifichi il monitoraggio durante la fioritura, il momento più critico per preservare la produttività del vigneto.
Le infezioni ascosporiche (quelle causate dei cleistoteci) possono essere individuate seguendo questi consigli:
- Iniziare il monitoraggio controllando sempre le viti perimetrali e in capezzagna, dove più frequentemente partono le infezioni.
- Osservare prioritariamente le foglie più vicine al ceppo, in quanto luogo di svernamento dei cleistoteci.
- Guardare attentamente la pagina inferiore della foglia, alla ricerca di lesioni di colore grigio marrone.
- Cercare l'oidio soprattutto nelle aree di campo in cui era particolarmente presente l'anno precedente e in cui quindi ci si aspetta un inoculo maggiore.
- Non limitarsi a poche piante per vigneto, ma effettuare un controllo approfondito, in quanto anche poche infezioni possono essere un segnale di allarme.
Infezioni ascosporiche
(Fonte foto: Giovanni Bigot, agronomo)
I cleistoteci liberano le ascospore già a partire dal germogliamento e possono continuare fino a dopo la fioritura quando, generalmente, l'inoculo primario si esaurisce. Le successive infezioni, quelle secondarie, sono invece affidate ai conidi prodotti dal micelio sviluppatosi dalle infezioni primarie.
Le infezioni su germoglio sono invece causate dal micelio svernante nella gemma. Lo sviluppo del fungo porta al cosiddetto "germoglio a bandiera". Si tratta cioè di un germoglio con il capo chinato, ricoperto dal micelio biancastro del fungo. In stadi avanzati le foglie che si sviluppano hanno la forma di una coppa, con i lembi ripiegati verso l'alto.
Un esempio di germoglio a bandiera
(Fonte foto: Giovanni Bigot, agronomo)
La difesa della vite dall'oidio
Se il monitoraggio ha confermato la presenza di oidio in vigneto è bene dunque intervenire con dei prodotti di difesa, in modo da stroncare sul nascere lo sviluppo della malattia e ridurre in questo modo l'inoculo e mettere al sicuro le infiorescenze.
Si può dunque procedere con le sostanze attive registrate su vite, in primis lo zolfo. Questo prodotto, tuttavia, per funzionare ha bisogno di sublimare e questo avviene solo con temperature superiori a 18-20°C (anche se molto dipende dalla tipologia di prodotto). Se l'inizio della primavera è particolarmente freddo occorre dunque puntare su altre soluzioni.
Bisogna poi considerare che le "cartucce" a disposzione dell'agricoltore sono limitate e dunque in questa fase trovano una interessante applicazione tutti quei prodotti di origine biologica che, nonostante non raggiungano l'affidabilità del chimico di sintesi, riescono ad esere efficaci quando l'inoculo in campo è basso.
Esistono ad esempio formulati a base di Bacillus amyloliquefaciens. Si tratta di batteri in grado di produrre composti che contrastano lo sviluppo dei funghi. Inoltre competono per la colonizzazione della superficie fogliare e rafforzano le difese interne delle piante.
Tra i prodotti ammessi ci sono anche quelli a base di terpeni (eugenolo più geraniolo più timolo), il bicarbonato di potassio e l'olio di arancio dolce, che uccidono il fungo che, come ricordiamo, ha uno sviluppo esterno alla pianta.
Alcuni risultati sono stati ottenuti anche con gli induttori di resistenza, che tuttavia funzionano solo a patto che vi sia un basso inoculo in campo e che si tratti in maniera tempestiva. Ad esempio è possibile usare prodotti a base di estratto ottenuto dalle pareti cellulari di Saccharomyces cerevisiae, il quale stimola i meccanismi di difesa delle viti in modo che possano proteggersi in autonomia dall'oidio. È anche possibile usare prodotti a base di Cos-Oga o di laminarina, un oligosaccaride naturale estratto dall'alga bruna.
Infezioni precoci e danni dell'oidio sul grappolo
Il monitoraggio in campo e l'impiego di modelli previsionali fin dai primissimi stadi di sviluppo della vite è essenziale per identificare i momenti di rischio e le finestre di infezione, così da evitare la diffusione della malattia. "Contrastare le infezioni primarie provenienti dall'inoculo svernante è la migliore strategia per avere una campagna più serena. Infezioni di oidio, anche se circoscritte, possono infatti causare attacchi più pesanti sul grappolo, con ripercussioni alla vendemmia", sottolinea Tito Caffi.
La difesa della foglia dall'oidio è infatti più semplice rispetto a quella del grappolo. Non bisogna inoltre dimenticare che gli effetti del mal bianco sugli acini sono devastanti. Possono infatti provocare spaccature in fase di maturazione, che aprono la strada alla botrite. Inoltre l'assorbimento di nutrienti da parte del fungo e i processi metabolici portano ad uno scadimento della qualità delle uve, con la produzione di mosti di scarso valore.