"Da oltre 15 anni l'Italia dispone di dati che evidenziano l'utilizzo consapevole degli agrofarmaci per la difesa delle colture: 98,6% dei campioni sono in regola con le norme europee sui residui". E' Romano Marabelli, capo del dipartimento per la sanità pubblica veterinaria, la nutrizione e la sicurezza degli alimenti presso il ministero della Salute, ad introdurre il tema del convegno "Il ruolo economico del triciclazolo nella risicoltura italiana", svoltosi il mese scorso. La sicurezza dei prodotti agricoli italiani è ampiamente testimoniata dai risultati dei costanti controlli svolti dalle autorità competenti.
Ciononostante la normativa europea è sempre più stringente in termini di autorizzazione di sostanze attive e di revisione delle stesse. A farne le spese è anche il riso, prodotto agricolo italiano di eccellenza. Infatti, tra le malattie fungine che possono interessare la coltura, il brusone è la più diffusa, tanto che il 97% dei risicoltori indica che questa malattia mostra una gravità importante o molto importante, secondo un'indagine realizzata da Nomisma, in collaborazione con istituti e aziende del settore (1).
La ricerca svolta dall'ente bolognese ha permesso di analizzare i possibili impatti sulla risicoltura di alcuni cambiamenti nei sistemi di difesa attualmente in uso: fra questi, un calo di produzione di circa 100.000 tonnellate, nel caso in cui al triciclazolo non fosse rinnovata l'autorizzazione e fosse sostituito con altre sostanze attive meno performanti.
Una premessa sulla risicoltura italiana
Bastano alcuni numeri per descrivere la rilevanza del comparto risicolo italiano. E' Roberto Magnaghi, direttore generale dell'Ente Nazionale Risi, a fotografare lo sviluppo e la situazione del settore.
"L'Italia è il primo produttore europeo di riso, con 238.458 ettari coltivati nel 2009 (247.500 nel 2010) ed una produzione che ha superato 1.644mila ettari. La produzione nazionale ha fatto registrare un tasso di crescita di oltre il 50% dal 1980 ad oggi." Fra i dati più eclatanti, i 438 milioni di Euro di saldo positivo della bilancia commerciale (2) e la produzione lorda vendibile per ettaro (PLV/ha) di poco inferiore ai 2.500 Euro, che classificano il riso sul gradino più alto del podio in termini di redditività per superficie investita. Delineano in maniera ancora più precisa lo scenario i numeri relativi ai risicoltori (da 4.501 nel 2008 a 4.747 nel 2010) ed alla superficie media aziendale di 51,3 ettari (2009/10) contro i 7,6 ettari della media nazionale (2007).
Dal punto di vista della difesa fitoiatrica, è opportuno sottolineare come solo il 2,5% delle varietà coltivate in Italia è tollerante al brusone (il 64,9% è mediamente sensibile, il 32.6% sensibile). "Le varietà sensibili alla malattia diffuse in Italia sono 30; fra queste, le varietà utilizzate per il consumo interno ed in particolar modo per la preparazione dei risotti. Ecco perché la lotta al brusone necessità un'attenzione particolare", segnala Magnaghi. "Gli attacchi di questa malattia colpiscono le varietà che contraddistinguono il riso italiano nel mondo e le perdite di raccolto, oltre a causare perdite di reddito per gli agricoltori, mettono a rischio l'approvvigionamento di industrie leader e di conseguenza anche la nostra leadership commerciale".
Difesa dal brusone, poche soluzioni nelle mani dei produttori
Il brusone è causato dai patogeni Magnaporthe oryzae e Pyricularia oryzae e infetta tutte le parti della pianta. "E' una malattia epidemica spesso grave", dichiara Paolo Cortesi del dipartimento di protezione dei sistemi agroalimentare e urbano e valorizzazione della biodiversità dell'Università di Milano, Facoltà di agraria.
Un'analisi approfondita della diversità genica e della resistenza al brusone (si veda una recente ricerca italiana pubblicata su Molecular breeding, 2010) (3), una corretta pratica agronomica ed un uso sostenibile dei mezzi chimici sono pilastri fondamentali della protezione del riso. L'evoluzione delle tecniche colturali ha infatti incrementato il rischio epidemico. In questo contesto la protezione con fungicidi dà stabilità ai ricavi, incrementando produzione e qualità della granella. Fra gli agrofarmaci a disposizione, il triciclazolo (formulato commerciale Beam® Das) è una molecola multisito, sistemica, persistente, specifica e molto efficace: dopo un trentennio d'uso nel mondo non sono stati riportati casi di perdita d'efficacia. La sostanza è stata revocata nel 2009 ed ha ricevuto l'autorizzazione eccezionale per uso d'emergenza grazie alla sollecitazione delle organizzazioni di risicoltori.
Per il controllo della malattia sono disponibili anche iprodione, propiconazolo, flutriafol e azoxystrobin. "Quest'ultima molecola" segnala Cortesi "è ritenuta ad elevato rischio di selezione di ceppi resistenti; andrebbe impiegata in alternanza ad altri principi attivi, su superfici poco ampie, evitando il sotto dosaggio."
Le prospettive della lotta al brusone sono quindi strettamente collegate al futuro del triciclazolo. Dow AgroSciences continua a sostenere la molecola e ad investire sul Beam®. E' infatti l'unico notificante a farsi carico della difesa della sostanza attiva nell’ambito del programma di revisione europeo e ha recentemente finanziato nuove ricerche per lo sviluppo del dossier al fine di allineare ulteriormente i dati esistenti alle richieste sempre più stringenti della normativa vigente.
Risicoltura senza triciclazolo. Gli scenari, secondo Nomisma
Sul 75% della superficie risicola nazionale vengono effettuati trattamenti contro il brusone. In assenza di questi interventi, i risicoltori stimano una contrazione media del 34% della produzione, con punte del 58% nella provincia di Milano. Circa l'80% dichiara inoltre anche un calo nella qualità di granella. E' quanto desume il centro di ricerche Nomisma conseguentemente ad un'indagine diretta sui produttori. Lo studio, presentato da Ersilia Di Tullio presso il Centro di ricerche sul riso dell'Ente Risi di Mortara (PV) ha valutato gli impatti economici legati ad una modifica degli attuali sistemi di difesa dal brusone in Italia (4). I dati dimostrano che:
- i trattamenti con azoxystrobin comportano in media un calo di produzione rispetto a quelli con triciclazolo;
- in assenza di trattamenti (con triciclazolo o con azoxystrobin) si realizzano importanti contrazioni della produzione.
A partire dalla stima della situazione attuale, sono stati infatti delineati due scenari:
• scenario 1: conversione degli ettari trattati con il triciclazolo in superficie trattata con azoxystrobin (ipotizzando quindi una fuoriuscita del triciclazolo dal mercato);
• scenario 2: conversione di tutta la superficie trattata in superficie non trattata (assenza di efficaci strumenti di difesa dal brusone).
La tabella che segue mostra l'analisi delle perdite produttive nei due scenari:
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produzione
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valore produzione
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costi
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.000 tonn.
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milioni €
|
.000 €
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Situazione attuale
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1,96
|
416
|
15.676,3
|
Scenario 1
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-101
|
-30
|
162,7
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-7,3%
|
-7,3%
|
1,0%
|
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Scenario 2
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-416
|
-125
|
-15.676,3
|
-29,8%
|
-29,8%
|
-100%
|
Nello scenario 1 il calo della produzione è del 7% rispetto alla situazione attuale, pari a circa 100.000 tonnellate di prodotto in meno, per un valore di 30 milioni di Euro (al netto degli aiuti comunitari) e con un leggero incremento dei costi di trattamento. Lo scenario 2 mostra perdite produttive pari a 416.000 tonnellate (-30% rispetto alla situazione attuale), con una complessiva perdita di valore per la risicoltura pari a 125 milioni di Euro. Il risparmio sui costi (15,7 milioni di Euro) compensa solo in minima parte il calo di redditività della coltura.
Analizzando i valori unitari, lo scenario 1 ipotizza una perdita di 0,4 tonnellate/ettaro, pari a 132 Euro/ettaro in meno (al netto degli aiuti comunitari) e con un leggero incremento dei costi (+0,7 Euro/ettaro).
Le conclusioni sono riportate sotto l'immagine
Conclusioni
Secondo la ricerca di Nomisma, dei due agrofarmaci presi in considerazione, il triciclazolo mostra una diffusione pressoché totale (il 94% delle superfici trattate vede il suo impiego da solo o in combinazione con altri agrofarmaci), mentre l'azoxystrobin raggiunge il 31%, di cui il 25% in combinazione con il triciclazolo. Il Tca mostra in media un effetto migliore nel contrastare il brusone, tanto che il riso trattato con l'azoxystrobin produce in media il 10% in meno. Questa forbice si apre in caso di gravi epidemie e di varietà particolarmente sensibili (fra le quali, le tipicità italiane: vialone nano, carnaroli, ...) raggiungendo il 20-25%.
La difesa del riso dal brusone rappresenta quindi una componente essenziale a garanzia della produzione, a supporto della redditività di tutta la filiera risicola, caratterizzata da una forte integrazione dal campo alla tavola.
(1) I contenuti dello studio sono stati sviluppati in maniera coordinata grazie al professor Cortesi dell'Università di Milano, dell'Ente Nazionale Risi, dell'Ente Nazionale Sementi Elette e di Agro-sfera (VC).
(2) Esportazioni meno importazioni di riso totale, dal semilavorato alle rotture di riso
(3) "Assessment of genetic diversity in Italian rice germplasm related to agronomic traits and blast resistance" di Odile Faivre-Rampant, Gianluca Bruschi, Pamela Abbruscato, Stefano Cavigiolo, Anna Maria Picco, Laetitia Borgo, Elisabetta Lupotto and Pietro Piffanelli
(4) Per identificare tali impatti sulla produzione di riso sono stati impiegati i risultati di una serie di prove in campo realizzate tra il 2006 ed il 2009 in diversi areali geografici (Pavia e Vercelli) su 6 diverse varietà di riso (Cortesi 2010).