Non a caso, beata ignoranza, molte cose vanno dritte per la loro strada finché non si sappia che esistono. Da quel momento, apriti Cielo.
Stiamo forse parlando delle fogne di Calcutta o delle discariche a cielo aperto di Nairobi? No: delle metropolitane newyorkesi. I passeggeri delle subway della Grande Mela viaggerebbero letteralmente immersi in un mare di tracce di vita a loro estranea. E lo farebbero del tutto inconsapevoli di farlo. Almeno, inconsapevoli fino a oggi.
La realtà è stata infatti descritta in una ricerca svolta da Afshinnekoo et Al., del Dipartimento di Fisiologia e Biofisica della Weill Cornell Medical College di New York. Da essa emergerebbe come stazioni e gallerie siano alquanto ricche di tracce di Dna, il 50 per cento del quale sarebbe di origine sconosciuta. Cioè, la metà della genetica trovata nelle metropolitane non si sa nemmeno da quali organismi derivi: zero, nada, buio totale. A questo "Monumento al Dna ignoto", gli stessi newyorkesi contribuiscono poi con le proprie desquamazioni epiteliali, con il respiro, con gli starnuti oppure con i capelli e peli dispersi in giro.
Un interscambio continuo di materiale biologico cui ora viene data una dimensione numerica. Centinaia sarebbero infatti le specie di batteri, funghi e virus presenti, per lo più reputati innocui. Addirittura, in una stazione allagata durante l'uragano Sandy vi sarebbero ancora tracce di Dna appartenente a organismi che vivono in ambiente marino. Chiamala, se vuoi, biodiversità balneare.
Dal Tube ai campi
Notizia curiosa e interessante, quella sulle metropolitane di New York, ma qualcuno potrebbe chiedersi cosa essa c’entri con l’agricoltura. C’entra eccome, invece, perché i Newyorkesi che galleggiano in pulviscoli organici contenenti materiale genetico in buona parte ignoto, sono i medesimi che poi vorrebbero vedere riportare sulle etichette dei cibi l’indicazione se essi contengano per caso Dna e Ogm (Leggi l’articolo: "Gli Ogm e la dittatura degli ignoranti"). Per lo meno così ha risposto l’80 per cento degli intervistati nel corso di un sondaggio svolto proprio negli Stati Uniti. In altre parole, gli Americani toccano, respirano, ingoiano Dna estraneo in continuazione, a volte di qualche patogeno e per la metà di origine sconosciuta alla tassonomia, ma poi gradirebbero che su una confezione di zucchine vi fosse scritto: “Contiene Dna”, o su una pacco di Corn Flakes “Contiene Ogm”. Uno spaccato desolante che rimanda appunto alla frase summenzionata, cioè “beata ignoranza”.
Perché se della conoscenza non si sa bene che uso farne, è meglio appunto restare ignoranti e lasciare che a prendere le decisioni più giuste siano invece coloro che sanno.
Si mediti quindi su quanto sopra esposto, specialmente la prossima volta in cui toccherà sopportare l’ennesimo, paturnioso onanismo psicologico sul Dna geneticamente manipolato. Perché quello, di Dna, è ben conosciuto e padroneggiato. Soprattutto, è stato dimostrato essere sicuro per Uomo e ambiente. Perché dopo aver prodotto fruste filippiche contro i supposti rischi dei geni trasferiti da un battere (noto) a una pianta (nota) per ottenere un effetto vantaggioso (noto), il fustigatore del Dna biotech si reimmergerà felice e contento nel suo bel mare di Dna alieno, batterico, fungino, virale, animale, vegetale, umano.
Non chiederà che fuori da un bar o da un cinema vi sia un cartello che informi sulla presenza di desquamazioni epiteliali, peli, acari e batteri. Non pretenderà di leggere un’informativa che lo renda edotto sul fatto che sul tram dove siede vi sono funghi, virus, cacche di insetto.
Non pretenderà nulla di tutto ciò: proprio perché non sa, proprio perché ignora. E l’ignoranza, come più volte detto, quando esce dai propri confini e pretende di misurarsi con la sapienza, fa perfino più danni della cattiveria.
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Autore: Donatello Sandroni