Esportare di più si può, ma quanto spazio c’è sui mercati internazionali per l’agroalimentare italiano? E' la domanda che gli operatori si pongono prima di programmare le proprie strategie. L’incertezza sembra fuori luogo, vista la fame di made in Italy che c’è nel mondo, ma il mercato è per due terzi fatto da imitazioni e prodotti confezionati ad arte per evocare nel consumatore il Bel Paese. Le stime infatti parlano di un giro d’affari di 50 miliardi di euro, contro un export italiano di soli 16,7.

La richiesta di informazioni, di analisi di mercato dei Paesi di destinazione e dei competitor viene soprattutto dalle piccole e medie imprese italiane. Sono loro la punta di diamante dell’industria agroalimentare nazionale, quelle che fanno dell’eccellenza e del legame con il territorio la loro bandiera dando lustro a tutta la produzione nazionale, ma le loro dimensioni necessitano di politiche di sviluppo che creino sinergie per ottimizzare le risorse da mettere in campo, soprattutto in termini di competitività internazionale.

Agrifood, Salone internazionale dell’alimentare made in Italy, in programma a Verona dal 16 al 19 novembre, la cui seconda edizione si caratterizza per il nuovo format ampiamente orientato al sostegno e alla formazione delle Pmi che vogliono diventare competitive sui mercati internazionali, presenterà assieme a Nomisma un’analisi del prodotto alimentare italiano nel contesto internazionale e delle dinamiche e strategie possibili a breve e medio termine.
"Ciò nella convinzione – afferma Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere - che in un mondo sempre più globalizzato e competitivo le fiere debbano offrire ai propri clienti strumenti di formazione e servizi in grado di farle crescere assieme al sistema Paese".