La suinicoltura in Sardegna rischia di subire un colpo mortale. Alla difficile situazione che si è andata creando negli ultimi dieci anni ora si aggiunge il pericolo della peste suina, un fenomeno ormai ricorrente e mai debellato, che, con il blocco delle movimentazioni, può mettere in ginocchio centinaia di allevamenti. E' quanto sottolinea la Cia, Confederazione italiana agricoltori.

In Sardegna i capi allevati nel 2000 - ricorda la Cia - erano 193.890. Nel 2010 sono scesi a 169.278 con una perdita del 12 per cento. Le aziende suinicole nell'isola nel 2010 sono scese a 4.852, mentre nel 2000 erano presenti 12.577, con una perdita di 8.066 unità che -rimarca la Cia- equivale al 62 per cento. Imprese per la stragrande maggioranza piccole o medio-piccole.

Un fenomeno inaccettabile è - afferma la Cia - il permanere di allevamenti abusivi e non controllati che alimentano la macellazione clandestina. E questo a danno delle aziende che con sforzi enormi hanno costruito strutture e allevamenti capaci di stare sul mercato. La situazione impone immediati cambiamenti nella politica di sanità animale. Il pericolo immediato è tuttavia rappresentato da alcuni focolai di peste suina, con i quali - rileva la Cia - si torna al blocco della movimentazione, macellazione ed esportazione. Gli animali rimangono nelle aziende causando problemi di sovraffollamento, difficoltà alla gestione sanitaria e ulteriori costi di mantenimento. Secondo la Confederazione, occorre salvaguardare gli allevamenti sani con provvedimenti differenziati, consentendo a quelli accreditati di poter continuare a operare con deroghe controllate atte a consentire la macellazione dei capi prodotti. Una politica severa nei confronti di chi non riesce a gestire gli allevamenti rispettando le normative in materia sanitaria, con controlli sui capi bradi.