Gli allevatori di suini continuano a produrre in perdita. Colpa dei prezzi di mercato che lo scorso anno si sono fermati a 1,14 euro per kg di peso vivo (dato medio) e che anche in questi primi quattro mesi del 2008 si sono sempre fermati al di sotto dei costi di produzione. Costi che invece sono cresciuti del 9% portando ad 1,40 euro per chilogrammo la spesa necessaria per produrre un suino di 140/160 kg. E’ una crisi diversa da quelle che in passato, ciclicamente, hanno coinvolto il settore suinicolo. In molti Paesi della Unione europea si assiste ad una situazione analoga. Una crisi, dunque, il cui termine potrebbe essere distante.
Occorre trovare soluzioni e in fretta, prima che troppi allevamenti siano costretti alla chiusura.

Che fare dunque? Due le leve sulle quali agire. Da una parte utilizzare ogni risorsa tecnologica e manageriale capace di ridurre i costi di produzione, dall’altra anticipare le richieste del mercato offrendo una carne capace di soddisfare il palato, ma anche di migliorare la salute di chi le consuma. Le nuove conoscenze in campo nutrizionale lo consentono. E’ quanto è emerso dal congresso suini a marchio Sildamin® che si è tenuto il 9 aprile nei pressi di Cremona, organizzato da Cargill, nota multinazionale che opera anche nel campo della nutrizione animale. “Tecnologie & redditività in un mondo in evoluzione” è stato il tema attorno al quale hanno ruotato i relatori, interrogandosi anzitutto su quale futuro occorre progettare il presente.

Un compito arduo, ma solo in apparenza. Per Antonio De Ponti (direttore vendite monogastrici per il marchio Sildamin® di CargillTM Divisione Animal Nutrition) i segnali che ci offre lo scenario economico contengono già le risposte. Colpisce ad esempio il divario nel consumo di carni suine: 46 kg pro-capite è la media europea, contro i soli 31,7 kg dell’Italia. Dunque spazi di manovra ci sono, ma come in tanti settori dell’economia occorre trasformare il modo di fare impresa, realizzando nuove sinergie fra i vari attori della filiera.

Non più posizioni contrapposte, ma partner di un stesso progetto che è quello di ottenere un miglioramento delle rese e quindi un abbassamento dei costi, migliorando al contempo la qualità del prodotto. Due obiettivi solo apparentemente in contraddizione, come hanno spiegato Pietro Guidi (marketing manager suini, CargillTM Divisione Animal Nutrition) e Ercole Zerbini (Europe technology & lab director – CargillTM). Grazie alle nuove conoscenze nella nutrizione dei suini e alla disponibilità di tecnologie innovative è possibile cambiare radicalmente l’approccio con l’alimentazione del suino.
Occorre passare dalla formulazione basata sulla materia prima, come cereali, proteaginose ed oleaginose, a quella imperniata sui singoli nutrienti apportati con la dieta. Impossibile da attuare ricorrendo alle consuete analisi di laboratorio, che danno risposte in tempi lunghi, possibile invece ricorrendo alla tecnologia NIR (che grazie all’infrarosso consente di vedere i legami molecolari degli ingredienti) e che dà risposte in tempi rapidissimi, appena pochi minuti. Una tecnologia che ha però bisogno di una vasta banca dati di campioni statistici, realizzabile solo da un grande network mondiale come quello che può vantare una multinazionale del comparto alimentare.
Passando dalla materia prima al nutriente si ottengono due vantaggi. Il primo è quello di modulare l’alimentazione in funzione delle esigenze del suino e del suo stadio produttivo, ottimizzando così le rese. Il secondo è il contenimento dei costi alimentari.

In tutto questo percorso è fondamentale il momento di incontro fra allevatore e nutrizionista, che dopo un lungo lavoro di progettazione degli obiettivi, devono trovare insieme le risposte alimentari più adeguate. Non a caso Cargill ha dato a questo percorso il nome di OptiporkTM - Sildamin®, scegliendo come immagine un simpatico mouse con la coda, a significare la necessità di combinare fra loro nuove tecnologie e analisi dei risultati attesi.

Ma non è finita qui. Queste tecnologie consentono di avere una sorta di impronta digitale dei singoli ingredienti che compongono la razione, che può così essere modulata in funzione degli obiettivi di qualità prefissati. Quale e quanto grasso di copertura, presenza o meno di omega tre (importanti antiossidanti), presenza di CLA (acido linoleico coniugato) come e più della carne bovina, più vitamine e sali minerali e l’elenco potrebbe continuare.

Quale sia l’importanza di disporre di una carne dal valore nutraceutico (termine che sintetizza la possibilità di curare con la nutrizione) lo ha messo bene in evidenza Elisabetta Bernardi, (nutrizionista, Università di Roma “La Sapienza”), che prendendo spunto dalle possibilità di modulazione dei contenuti nutrizionali, ha ricordato il ruolo che potrebbe avere la carne di suino nella alimentazione degli sportivi, ad esempio, con la presenza di aminoacidi ramificati e della creatinina, elementi fondamentali nella composizione del muscolo. Poi nei giovani il contenuto di zinco, come elemento che stimola l’immunità o negli anziani la presenza di selenio e vitamina E, sostanze alle quali si riconoscono proprietà “anti-age”. Poi le vitamine del gruppo B e la B12 in particolare, efficace nella prevenzione dell’Alzheimer. E l’elenco potrebbe continuare a lungo.

Non resta che farlo sapere ai consumatori che in cambio di gusto e salute dovrebbero dare le loro preferenze a queste carni e risollevarne le sorti, anche sul mercato.

 

OptiporkTM e Sildamin® sono marchi registrati CargillTM

 

Articolo tratto da Agronotizie - a cura di Angelo Gamberini