Continua l’approfondimento al convegno nazionale del ciliegio tenutosi a Vignola a giugno. In questo intervento si affronta l’argomento delle amarene e della sua coltivazione, come nuova possibilità di reddito per l’agricoltore.

Il mio interesse per la coltivazione delle amarene - spiega Alberto Mario Levi, presidente del Consorzio amarene brusche di Modena - nasce quasi per caso 20 anni fa. Nella mia azienda coltivavo quasi esclusivamente susine da industria per l'essiccazione: raccolta meccanica costosa e ridotta a un limitato periodo. Cercavo quindi una coltivazione che mi permettesse di utilizzare il mio cantiere di raccolta per un periodo più lungo.

Un mio interlocutore californiano m’informò che le medesime macchine per la raccolta delle susine, con piccole modifiche, erano utilizzate negli Stati Uniti per la raccolta del ciliegio acido. Iniziai quindi a pensare di poter creare un impianto di ciliegio acido.
Mi attivai per approfondire l’argomento, allo scopo di creare un impianto di ciliegio acido. La zona di Modena aveva nella sua tradizione la coltivazione del ciliegio dolce e del ciliegio acido. Diversamente però dal ciliegio dolce già allevato in filari o in ceraseti specializzati il ciliegio acido era da sempre allevato come pianta da orto e da giardino.

Indagando in modo più approfondito trovai che la Cooperativa Parmasole aveva creato un impianto sperimentale, ma che non aveva dato i frutti sperati. Da un punto di vista agronomico il sesto d’impianto era risultato troppo stretto e le macchine adottate per la raccolta non erano risultate idonee. Nel primo punto l’elemento critico era l’elevato ombreggiamento (che causava disseccamento dei rami più bassi) mentre nel secondo la criticità era rappresentata dalle lesioni permanenti alla base del tronco (causate appunto dagli scuotatori non adatti)”.

 

Gli inizi

Il mercato delle ciliegie acide è decisamente di nicchia ma il Consorzio ciliegie di brusca di Modena rappresenta oltre il 50% dell’intero mercato delle amarene. L’Organizzazione dei produttori fa parte di Unaproa.

Iniziammo con un campo sperimentale di due ettari - spiega Levi - piantando diversi filari di varietà diverse, presi dalla collezione del Dipartimento di colture arboree dell’Università di Bologna.

L’idea era indirizzata a cercare delle varietà che avessero una buona produzione, distacco del frutto senza il picciolo, maturazione contemporanea di tutti i frutti, resistenza del tronco allo scuotimento, differenti epoche di maturazione per consentire un maggior utilizzo del cantiere di raccolta”.

 

Viaggi all'estero

“Prima di proseguire all'installazione di frutteti più grandi - continua Levi - pensai di guardare degli impianti realizzati all'estero. Le uniche realtà portanti che incontrammo furono in Danimarca e in Usa. In Danimarca veniva utilizzata la varietà Santo Stefano mentre in Usa la Mountmorency. In entrambi i casi la raccolta veniva effettuata meccanicamente, con destinazione principale del prodotto all’industria per la produzione di succhi e di surgelati.

Nella realtà americana trovammo un elemento produttivo che decidemmo di copiare: l'idrocooling. In Utah hanno infatti la fortuna di avere un'acqua a bassissima temperatura (2-3 gradi centigradi) che consente l'immediato abbattimento della temperatura dei frutti, che impedisce qualsiasi inizio di fermentazione. A questo punto, forti dell'esperienza maturata all'estero e dopo aver visto i primi risultati del nostro piccolo frutteto sperimentale, decidemmo di impiantare dei veri e propri ceraseti.

Negli anni seguenti impiantammo una serie di frutteti di circa 5 ettari cadauno fino ad arrivare alla consistenza attuale di 25 ettari. La riproduzione delle piante scelte dal frutteto sperimentale fu fatta per via meristematica. I singoli appezzamenti di frutta erano quindi tutti identici derivati da uno stesso clone. Usando piante selvatiche e non innestate verificammo anche come il ciliegio acido si adatti e sviluppi rapidamente sui nostri terreni meglio delle piante innestate”.

 

Tecniche di coltivazione

"Le tecniche di coltivazione che abbiamo messo a punto ci permettono di dire che le migliori piante sono quelle ottenute da riproduzione meristematica afferma Levi - Il sesto migliore che abbiamo individuato è 6,5 x 5,0 metri. Questo sesto così largo, oltre a ridurre quasi al minimo l'ombreggiamento, consente il miglior utilizzo del cantiere di raccolta. Le piante vengono allevate ad albero libero normalmente con 3 primari cercando di tenere le piante abbastanza aperte in modo da favorire al massimo la luce del sole.

La potatura è abbastanza ridotta anche perché la pianta mal sopporta una potatura intensa. Tra le file manteniamo il terreno inerbito e diserbato lungo la fila. Nei terreni del modenese non è necessario un impianto d’irrigazione anche perché la pianta resiste abbastanza alla siccità estiva. Se correttamente potata non abbiamo problemi di alternanza nelle produzioni. Negli areali di produzione del modenese il ciliegio acido richiede relativamente pochi trattamenti antiparassitari principalmente contro monilia e afidi. La raccolta viene effettuata con le stesse macchine per la raccolta delle prugne ma utilizzando dei bins in plastica a tenuta, precedentemente riempiti con 15 centimetri d'acqua fredda. Questo accorgimento serve per evitare lo schiacciamento dei frutti e per abbassare fin da subito la temperatura dei frutti. A mano a mano che i bins vengono raccolti vengono portati su diverse piattaforme sparse nell'azienda agricola dove inizia immediatamente l'idrocooling: il lavaggio e raffreddamento con acqua fredda. Nel nostro caso utilizziamo l'acqua di un pozzo artesiano a 13° e in caso di spedizioni lontane, aggiungiamo barre di ghiaccio. L'amarena è un prodotto altamente deperibile: l'alto grado zuccherino e l'alta acidità residua favoriscono infatti l'immediata partenza di fenomeni fermentativi”.

 

Il mercato, il prodotto fresco e trasformato

"All’inizio del nostro percorso - continua Levi - non esisteva in Italia un mercato fresco delle ciliegie acide, ma solo quello industriale. Abbiamo quindi dovuto inventare un mercato andando a cercare degli utilizzatori. Quindi il vincolo principale allo sviluppo di questa coltura non è dato tanto dalla produzione, quanto dal collocamento del prodotto.

Contemporaneamente alla vendita ad utilizzatori industriali iniziammo anche una vendita diretta in azienda al dettaglio. Con nostra sorpresa verificammo un grande interesse del consumatore modenese che, pur non trovando più il prodotto sul mercato, ricordava il sapore delle amarene principalmente da utilizzare per conserve per le crostate. Da qui venne l'idea di chiedere un riconoscimento a Bruxelles per la Confettura di amarene brusche di Modena Igp. Il percorso per ottenere questo riconoscimento fu abbastanza lungo e complicato ma agevolato dal fatto che trovammo antiche ricette che confermavano il radicamento di questa tradizione culinaria. Il riconoscimento, trattandosi di un prodotto trasformato, riguarda una filiera tra produttori e trasformatori sottoposta a tutta una serie di controlli (origine, tracciabilità, metodologie di trasformazione, ecc.). Il riconoscimento è particolarmente prestigioso in quanto è stato il primo assegnato nell' Unione Europea ad una confettura".

 

 

Fonte: Abstract del Convegno nazionale del ciliegio, Vignola (Mo), 8-10 giugno 2011 
A cura di Mario Alberto LeviConsorzio Amarene Brusche di Modena IGP, Modena