Fino a pochi decenni fa capitava che un soldato giapponese della Seconda Guerra mondiale venisse trovato, ormai anziano, su qualche isoletta sperduta nel Pacifico. Non avendo più ricevuto né ordini né notizie, egli continuava imperterrito nella sua missione di guardia all’atollo, convinto che i militari di tutto il Mondo indossassero ancora le ghette e si bendassero i polpacci, come pure che usassero moschetti con la baionetta. L’isolamento lo aveva infatti cristallizzato in corrispondenza dell’ultimo istante di vita bellica reale, quando tutto cessò per lui di esistere e di evolvere.
Qualcosa di simile, però, avviene anche nella schizofrenica società attuale, ove la moltiplicazione dei contatti e delle informazioni pare aver sortito l’effetto opposto a quello sperato. Al posto di quelle isole sperdute nell’oceano si sono infatti create isole ideologiche ancor più lontane e inaccessibili di quegli scogli coperti di palmizi. Una sorta di arcipelago di “Isole che non ci sono” di Bennatiana memoria per arrivare alle quali si dovrebbe forse seguire qualche stella, dritti fino al mattino. Peccato che a volte il cielo sia nuvolo e le stelle non si vedano. E così, chi staziona sull’ennesima "isola che non c’è" finisce col restarvi dentro, sempre più ovattato rispetto all'esterno. Per le stesse ragioni, anche chi volesse comunicare con lui non sarebbe messo in condizioni di farlo.
Un’interfaccia però è stata inventata e ha preso presto piede: internet. E su questo mappamondo virtuale si può incontrare anche il più sperduto naufrago di tale oceano ideologico-culturale. Ma "incontrare", come si vedrà, non vuol dire affatto "comunicare".

Si discute di alimentazione con un veg-animalista? Et voilà! Eccovi servito il “The China Study” di Colin Campbell, tomo ove l’autore triangola statisticamente i consumi di cibi animali, i livelli di colesterolo e i tumori. Magari “dimenticando” che il colesterolo è indice non tanto di un consumo ragionevole, bensì di un vero e proprio abuso di cibi animali e quindi anche foriero di potenziali problemi oncologici. Dissertate invece con un fruttariano che sostiene l’idiozia delle origini frugivore dell’Uomo? Pronti! Ecco piovere dall'alto la citazione dei libri di Umberto Veronesi, ove l’oncologo italiano spiega i motivi della sua scelta vegetariana, in parte salutistici, in parte etici. E che diavolo c’entra Veronesi, vegetariano, con chi non solo rinuncia a uova, latte e derivati, ma che non mangia nemmeno cereali e legumi, limitandosi a ingerire unicamente frutta e qualche ortaggio? Nulla: fra un vegetariano e un fruttariano c’è una differenza simile a quella che intercorre fra un coccodrillo e una lucertola. Tant’è la citazione di Veronesi e di Margherita Hack, anch’ella vegetariana, non fruttariana, arriva puntuale, cascasse il Mondo.
E quando le citazioni a capocchia riguardano i due illustri personaggi di cui sopra va ancora bene. Talvolta i link puntano tristemente a qualche filmato su YouTube ove "esperti" non meglio identificati professionalmente sproloquiano su intestini umani di lunghezza assurda, mai contemplata da alcun libro di anatomia e fisiologia, come pure di acidità gastriche dieci volte inferiori a quelle degli stomaci dei predatori, dimenticandosi magari che l’acidità di un mezzo si misura in valori di pH.
La pulsione di postare link a qualche clinica per la cura delle malattie mentali diviene in tal caso molto forte, ma si tende a trattenersi mossi da pietà verso il mentecatto che si è inopinatamente eletto a proprio interlocutore di giornata.

E in agricoltura?


Nel campo dell’agricoltura se si decide (imprudentemente) di intervenire in una discussione su forum, siti o pagine Facebook si deve essere preparati al peggio: si discute di ogm? Salterà subito fuori chi con livore ti sbatterà in faccia l’Agente Orange venduto da Monsanto al Governo degli Stati Uniti, il quale lo utilizzava per disboscare foreste in Vietnam. Ciò avveniva negli Anni 60, mezzo secolo fa e con la discussione in essere sul mais resistente alla piralide c’entra come i classici cavoli a merenda. Tant’è…
Si parla di agrofarmaci? Eccone un altro che ricorda come Bayer negli Anni 40, cioè circa 70 anni or sono, vendesse lo “Zyclon B”, veleno con il quale i nazisti uccidevano gli Ebrei nei campi di concentramento. Ancora, sfugge il nesso fra le decisioni di un management composto da nazisti - ormai scomparsi da tempo - e l’inquadramento dell’annoso problema delle morie delle api, ben lungi dall’essere liquidabile solo incolpando alcuni insetticidi. Andando ancora più indietro nel tempo, i web-smanettoni più colti ti rammenteranno perfino come DuPont abbia iniziato vendendo polvere da sparo ed esplosivi. Quando? Nella prima metà dell’800, quando i winchester tuonavano nelle praterie e fra gli Stati del Nord e quelli del Sud covava la Guerra di Secessione. Quale nesso vi sia fra il Generale Lee e l’ultimo ibrido gm della Casa americana non è dato sapere.

In tali agoni mediatici senza regole né buon senso, manca solo che qualcuno tuoni contro le lobby dei fabbri ferrai, rei di aver forgiato nei secoli le frecce, le lance e le spade con cui sono stati ammazzati milioni di Esseri Umani. Poi, nel paranoico pentolone ci sono proprio tutti. Se quindi in futuro dovrete farvi fare la copia di una chiave, rammentatevi bene che state facendo guadagnare una persona i cui avi erano cupi venditori di strumenti di morte… Stessa cosa se utilizzate un insetticida per ammazzare i pidocchi delle rose oppure un diserbante per non far soffocare dalle malerbe il grano che avete seminato con tanto amore. Insomma, indipendentemente da come la mettiate, arriverà subito qualcuno che vi darà addosso riesumando fatti che risalgono ai tempi del famigerato “Carlo Cudega”. In più, lo farà con la saccente convinzione di poggiare su una bibliografia solida e aggiornata. Così solida e aggiornata da sbattervela in faccia con l’aria di chi pensi di fare un favore a un poveraccio tanto stolido quanto ignorante. La presunzione, infatti, si mostra inversamente proporzionale al  livello intellettivo e culturale del presuntuoso: Lui è il superiore, l'Illuminato. Voi quelli che, di conseguenza, si devono aggiornare. Tertium non datur, soleva dire Giulio Andreotti, ovvero: una terza ipotesi non c’è.

Ma vi è di più. Non importa che si discuta di agrofarmaci usati nelle vigne o di ogm utilizzati in Spagna (alla faccia di ogni più funesta profezia ecologista): se sei favorevole al loro uso e ne argomenti le ragioni ti verrà postato con aria un po’ snob il consiglio di leggere “Primavera silenziosa” di Rachel Carson, colei che nel 1962 denunciò l’uso di insetticidi come il Ddt. È vero: anche grazie a lei si aprì una nuova strada all’agrochimica, ma adesso magari anche basta: sono passati 52 anni dalla pubblicazione del libro e il Ddt non c’è più da 40! Fatevene una ragione!

Pensate in questo modo di aver chiuso la diatriba col nostalgico di turno? Manco per sogno: secondo la sua logica, se abbiamo sbagliato allora, cosa ci fa pensare che non sia possibile sbagliarsi anche oggi? Ovvio: dato che il dubbio è segno di intelligenza, abbondare con i dubbi fa sentire il nostro interlocutore praticamente un genio. Peccato che, per le medesime ragioni, l’incoercibile e sicura determinazione nel coltivare dubbi sia segno più che altro di sonora ottusità mentale e di mancanza di conoscenza. Perché anche la correlazione "dubbi-intelligenza" deve pur avere un limite.
Per chi poi non lo sapesse, fino al 14 aprile del 1970 - data della registrazione n° 1 del primo agrofarmaco - non esisteva infatti in Italia alcun iter registrativo degli agrofarmaci. Per lo meno, non esisteva per come lo conosciamo oggi. Il moderno processo di valutazione dei prodotti fitosanitari è nato quindi 44 anni fa. Tanto per capirsi, il Ddt venne sintetizzato per la prima volta nel 1873 e usato solo a partire dal 1939. Cioè circa 30 anni prima.
Le prime registrazioni, peraltro, mica necessitavano di particolari dossier: un po’ di efficacia in campo, qualche test sui ratti e via, si poteva partire. Oggi per trasportare la mole di dossier necessari all’ottenimento dell’autorizzazione ci vuole un furgone e le richieste dei normatori sono divenute così puntigliose ed estese da portare diverse multinazionali allo sviluppo di business alternativi, perché i costi dei dossier sono lievitati a tal punto che solo poche industrie sono ormai in grado di sostenerli. Alla faccia di quanto avveniva negli Anni 50 e 60, del Ddt e perfino del libro di Rachel Carson. Un tomo che nel 2014 ha quindi un livello di attinenza con la realtà prossimo a quello che avrebbero i “Promessi Sposi” di Alessandro Manzoni se venissero eletti oggi a descrittori dei rapporti sociali fra moderni adolescenti.

Forse è per questa ragione che taluni s'illudono di poter dribblare l'impasse anacronistico citando ben più recenti studi fatti in materia di "pesticidi" e ogm. Peccato siano quelli in stile Gilles Séralini oppure le ricerche (tutte poi smontate) sulla farfalla Monarca, sul latte materno alla tossina Bt, sulle gastriti dei maiali e chi più ne ha più ne metta.
Come dite? Dovremmo essere a posto in tal senso, perché l'Efsa esprime da anni pareri favorevoli agli ogm basandosi su cataste mastodontiche di documentazioni scientifiche? Tutte facezie: la verità, per i duri di cervice, risiede nelle pieghe del web, ove ogni ciarlatano può moltiplicare all'infinito leggende metropolitane e bufale di ogni tipo. Impunemente, purtroppo, e con buona pace dell'autorevole Ente europeo per la sicurezza alimentare e del suo solerte lavoro. 
 
Chi nonostante queste premesse voglia comunque intervenire su web, nell’illusione di dare contributi razionali e concreti alle discussioni, beh, si rassegni: sulla sua testa sono già appese svariate citazioni pre-confezionate, tutte ovviamente considerate dotte e inconfutabili da chi le propone. Ovvero quei personaggi la cui apertura della bocca è spesso inversamente proporzionale a quella delle orecchie.
Di ciò sarà bene farsene tutti una ragione, trovando magari anche la forza di continuare a proporre argomenti sensati invece di cedere alla pulsione di linkare alla famosa clinica dai molti camici bianchi…