“L’accordo tra ministro e Regioni sui pagamenti dell’art. 68 per l’avvicendamento dei seminativi rischia di risultare controproducente se non si manterrà l’obbligo di impiegare seme certificato, così come previsto per i precedenti pagamenti dell’art.69”. L’Ais – Associazione italiana sementi, insiste nel reclamare il vincolo dell’uso del certificato, che rischia di essere l’unico sacrificato dal recente accordo. 
 
“Dimenticare in questo accordo il seme certificato è un segnale fortemente negativo ed in contrasto con gli impegni presi dal ministro Zaia in tema di
tracciabilità e per garantire produzioni nazionali esenti da Ogm
", afferma Carlo Invernizzi, presidente del gruppo cereali di Ais. “Non solo si sconfessa così la politica di valorizzazione portata avanti negli ultimi due decenni, incentrata sulla scelta delle varietà e impiego di seme certificato, ma si mette a repentaglio la capacità di innovazione e di miglioramento varietale per il futuro”.
 
L’Ais sottolinea che in un paese come il nostro in cui le risorse destinate alla ricerca sono molto limitate, l’uso del seme certificato è l’unica strada per sostenere indirettamente la ricerca varietale. Nel settore del grano duro, il grado di penetrazione nel nostro paese di varietà non italiane è passato dal 20% di metà anni ’80, all’attuale 50%.