Nel corso degli anni dunque alcune delle forme di allevamento tipiche della nostra penisola sono state abbandonate e il Guyot è diventato lo standard, seguito a stretto giro dal cordone speronato.
Nel presente articolo intendiamo dare alcuni consigli su come effettuare una corretta potatura invernale del Guyot. Per chi desidera approfondire l'argomento consigliamo la lettura di altri due articoli: in questo diamo alcuni consigli generali su come potare la vite (indipendentemente dalla forma di allevamento) e in quest'altro ci soffermiamo su come effettuare una potatura che diminuisca il rischio di insorgenza di malattie a danno del legno, come il mal dell'esca.
La potatura della vite a Guyot
La forma di allevamento a Guyot prende il nome dal suo ideatore, Jules Guyot, un agronomo e fisico francese che visse a metà dell'Ottocento. Jules Guyot, a suo tempo un pioniere della viticoltura, codificò un approccio innovativo rispetto a quello praticato dai vignerons francesi fino a quel momento.La potatura invernale della vite allevata a Guyot si compone di tre fondamentali passaggi:
- L'eliminazione del capo a frutto (tralcio di due anni) che ha prodotto l'uva nella stagione passata.
- La selezione del tralcio per la produzione dell'anno in corso, che verrà legato al filo di banchina.
- La selezione di un tralcio da speronare per garantire il rinnovamento della pianta.
La potatura a Guyot
(Fonte foto: Colture e Cultura)
Si tratta quindi di una forma di allevamento che richiede un intervento di potatura abbastanza semplice, che tuttavia per essere efficace e garantire una crescita armoniosa e produttiva nel tempo deve rispettare alcuni principi fondamentali.
È bene però fare una precisazione. Tra i potatori esistono due scuole di pensiero su come potare la vite, in questo caso a Guyot. Una si rifà alla tradizione francese e italiana, come codificata da Jules Guyot. L'altra, più recente, si rifà all'approccio di Simonit&Sirch. In questo articolo prenderemo in considerazione il primo approccio, mentre il secondo sarà oggetto di un altro articolo.
Nove regole per una potatura a Guyot a regola d'arte
Ecco dunque nove regole da seguire per chi si appresta a potare la propria vigna a Guyot.Lo sperone. Solitamente lo sperone viene lasciato con due gemme. L'anno successivo il tralcio nato dalla gemma distale verrà usato come capo a frutto, mentre quello nato dalla gemma prossimale fungerà da nuovo sperone. Nello sperone si sceglie sempre come capo a frutto il tralcio distale perché, essendo la vite una pianta lianosa, se lo sperone fosse in posizione distale rispetto al capo a frutto polarizzerebbe per acrotonia tutti flussi linfatici e quindi sul capo a frutto si svilupperebbero germogli stentati.
E' una semplice regola che tuttavia alcuni potatori poco professionali non seguono, come si può vedere nella foto qui sotto.
Un errore da evitare: scegliere il tralcio nato dalla gemma prossimale come capo a frutto e lasciare lo sperone in posizione più avanzata
(Fonte foto: Daniele Eberle)
Il tralcio non impiegato come capo a frutto potrà poi essere speronato per garantire il rinnovamento della pianta. Se invece dalle due gemme lasciate sullo sperone c'è solo un tralcio idoneo ad essere scelto come capo a frutto si sceglie quello prossimale e non si lascia lo sperone. Il nuovo sperone potrà anche essere scelto dall'eventuale tralcio sviluppatosi sulla testa di salice e lasciato durante la scacchiatura (l'eliminazione cioè dei germogli in eccesso o non fruttiferi).
Mantenere la pianta giovane. Per evitare che la testa di salice cresca troppo velocemente in altezza avvicinandosi al filo di banchina e non rendendo possibile una curvatura armoniosa del tralcio fruttifero occorre, quando possibile, selezionare lo sperone tra i tralci attaccati al legno vecchio.
Questa potatura inoltre garantisce uno 'sfogo' della linfa che renderà i flussi linfatici più armoniosi all'interno del legno evitando che alcune parti periferiche non vengano irrorate, con conseguente disseccamento.
Una potatura 'tradizionale' che si trova ancora in vecchi areali viticoli delle Langhe e del Monferrato. Il fondamento di un così ricco legno vecchio è basato sulla scelta del capo a frutto che veniva fatta scegliendo come tralcio il ramo più bello e che aveva prodotto nell'anno precedente
(Fonte foto: Daniele Eberle)
Il numero di gemme. La scelta della lunghezza del capo a frutto non è per forza determinata dallo spazio che intercorre tra un ceppo e l'altro, ma deve essere definita dal potatore considerando due variabili date: la distanza tra i ceppi e la vigoria della varietà coltivata (o meglio, la vigoria dell'accoppiata varietà più portainnesto).
"Nel vigneto c'è una disomogeneità tra le piante causata dalla diversa fertilità del suolo che l'operatore deve compensare allungando o accorciando il capo a frutto. Se la pianta è poco vigorosa è sbagliato lasciare tante gemme perché la pianta non sarà in grado di svilupparle correttamente. Se invece la pianta è vigorosa si dovranno lasciare più gemme", spiega Daniele Eberle, agronomo consulente viticolo operante in Piemonte.
"Si dovrà poi intervenire con concimazioni al suolo e fogliari mirate, in modo da sostenere le piante meno forti e rendere omogenea la vigoria a livello di impianto". In questo frangente viene in soccorso la tecnologia con la concimazione a rateo variabile.
"L'obiettivo ultimo deve essere lo sviluppo omogeneo di tutti i germogli sul capo a frutto. Solo in questo modo sarà possibile avere grappoli di qualità costante ed elevata e quindi in grado di essere usati per produrre grandi vini", sottolinea Eberle.
La fertilità delle gemme. Alcune varietà, come il Nebbiolo, hanno una fertilità bassa o nulla sulle due-quattro gemme prossimali. "Questo perché si schiudono ad inizio aprile, quando la sommatoria termica non permette una differenziazione a fiore", spiega Eberle. "È sbagliato dire che sono gemme deboli o sterili, infatti se il Nebbiolo viene portato in Sicilia, dove la sommatoria termica è maggiore (fa più caldo e prima, Ndr) produce uva anche dalle prime due gemme".
In questo caso il potatore non dovrà prendere in considerazione le prime due gemme nel calcolo dei germogli fruttiferi e al momento della legatura dovrà piegare il tralcio in modo che le gemme non fruttifere si trovino sulla linea del ceppo e quindi non occupino spazio sul filo di banchina (vedi foto sotto). Alla scacchiatura i due germogli non fruttiferi verranno quindi eliminati. Così come anche i germogli secondari nati dalle gemme sul tralcio a frutto.
Le gemme prossimali devono essere mantenute sulle verticali del ceppo in modo da non occupare spazio sul fio di banchina
Scelta del capo a frutto. Dopo aver eliminato il vecchio capo a frutto l'operatore si dovrebbe trovare davanti a due (o più) tralci papabili per diventare il nuovo capo a frutto. Quello nato dallo sperone e quello/i dalla testa di salice. Dopo averlo scelto (per vigoria, assenza di traumi, posizione, angolo di innesto, etc.) è buona norma chinarlo e posizionarlo sul filo di banchina prima di eliminare l'altro. Questo ci permette di avere una seconda scelta nel caso in cui il capo a frutto si rompa durante la piegatura (cosa che può accadere ad esempio se il tralcio è particolarmente vigoroso e ha subito una lignificazione più spinta).
"Una volta si diceva che il tralcio che nasce dal legno vecchio non porta uva. Ma era una credenza sbagliata. I germogli che vengono da gemme latenti sul ceppo non fanno uva perché la gemma latente non contiene in sé gli abbozzi fiorali. Mentre il tralcio che viene da una gemma latente ha differenziato le gemme a frutto nello stesso periodo del capo a frutto e quindi è fertile", sottolinea Eberle. "Il tralcio nato dalla testa di salice, anche se non fruttifero, porta gemme fruttifere ed è dunque papabile per diventare capo a frutto l'anno successivo".
Inclinazione delle gemme. Quando si scacchia o si pota occorre tenere presente anche l'inclinazione delle gemme e dei tralci, evitando quelle che puntano verso l'interno del filare, in quanto le macchine operatrici potrebbero danneggiarle al loro passaggio.
Rispetto delle gemme di corona. Quando si recide un tralcio occorre prestare attenzione a non danneggiare le gemme di corona perché da queste possono poi prendere vita tralci negli anni successivi utili al rinnovamento della pianta.
Evitare tagli su legno vecchio. La vite è una pianta rampicante con portamento lianoso e un accrescimento del tronco piuttosto limitato che ne riduce la capacità di cicatrizzare le ferite. Bisogna dunque evitare di eseguire tagli su legno più vecchio di tre anni, ma limitarsi, se possibile, ad eliminare il vecchio capo a frutto (legno di due anni). In questo modo per la pianta sarà più facile cicatrizzare la ferita ed evitare l'ingresso di microrganismi patogeni.
Rispettare il cono di disseccamento. Nel caso sia necessario apportare tagli su legno più vecchio è buona norma eseguirli a qualche centimetro di distanza dall'attaccatura, in modo da rispettare il cono di disseccamento. La distanza dovrebbe essere circa doppia rispetto al diametro del tralcio da tagliare. Questa accortezza serve ad evitare che il legno, seccandosi, devitalizzi il tessuto all'interno del tronco interferendo così con i flussi linfatici.