Troppi pesi e troppe misure, perché solo due non bastano. Sempre più spesso l'agricoltura viene infatti tacciata di essere un problema anziché essere guardata come una indispensabile risorsa. Dalle contestazioni degli anni Settanta/Ottanta contro la Rivoluzione Verde di Norman Borlaug, incentrate sull'avversione per la chimica, si è passati a quelle degli anni Novanta e Duemila contro le genetiche modificate, salvo poi approdare più recentemente ai temi del clima e dei gas serra.

Purtroppo, i confronti numerici intersettoriali in tema di emissioni non tengono mai conto del peso specifico che ogni attività umana ha dal punto di vista dell'indispensabilità. Un chilo di anidride carbonica emessa per produrre cibo non dovrebbe essere considerata uguale a un identico chilo, prodotto però da attività di tipo voluttuario. Tra arare un campo per produrre grano e volare alle Maldive per trascorrere una vacanza esotica vi è infatti una profonda differenza in termini di priorità. Tanto profonda quanto trascurata. 

Peggio ancora, dell'agricoltura viene additato un quadro statico, quasi fossimo rimasti all'era del Ddt, quando al contrario di sforzi ne sono stati compiuti molti e tutti intensi, tanto da creare difficoltà crescenti a chi il cibo, piaccia o meno, è praticamente condannato a produrre.

Su AgroNotizie si è già fornito qualche dato sui cali degli impatti agricoli sull'ambiente, a partire dalla drastica diminuzione nell'uso degli agrofarmaci, approfondendo anche il tema delle emissioni inquinanti della zootecnia, anch'esse mostratesi in forte calo negli ultimi trent'anni. Non da meno l'impegno a ridurre gli antibiotici a uso zootecnico, altro tema spesso deformato dalla disinformazione sensazionalista anti agricola. 

Ma vi è un dato che tutto dovrebbe tranne che far gioire gli pseudo ambientalisti e cioè quello delle superfici pro capite rimaste in Italia per la produzione di cibo. In tal senso, appare drammatica la riduzione di ettari dal 1961 al 2019, con un secco -36,6%, a fronte di una popolazione aumentata di circa un quinto nel medesimo lasso temporale. Ciò ha implicato un calo di superficie agricola pro capite pari al -46,8%, quasi dimezzando le disponibilità di terra coltivata per ciascun italiano, il quale però vuole continuare a mangiare tre volte al giorno, per giunta sempre meglio. 


Confronto tra popolazione italiana e superficie agricola nazionale: un'emorragia di metri quadri pro capite allarmante
Confronto tra popolazione italiana e superficie agricola nazionale: un'emorragia di metri quadri pro capite allarmante 
(Fonte: Istat)
 


A questo punto il belpaese dovrebbe forse iniziare a interrogarsi su cosa vuole diventare "da grande", perché stanti così le cose, con l'aria che tira a livello mondiale, europeo e nazionale, sembra che verso chi produce cibo per tutti vi sia sempre meno rispetto e considerazione, disdegnando non solo il valore del lavoro svolto, bensì anche ignorando ogni sforzo sin qui compiuto, spesso per accondiscendere più a istanze ideologiche che a richieste realmente motivate. 

Per somma ironia, peraltro, a protestare contro le crescenti importazioni di cibo, rese necessarie appunto dal calo produttivo agricolo nazionale, sono spesso le medesime persone che hanno creato le condizioni per le quali gli agricoltori sono divenuti oggi figure professionali sempre più reiette e fustigate. Immagine che viene periodicamente distorta da trasmissioni a tema spacciate per approfondimenti e indagini giornalistiche, ma anche da social e altri media che non perdono occasione per sbattere in prima pagina mostri il più delle volte immaginari, se in stivali di gomma tanto meglio.