Per il Grana Padano poteva essere il momento della svolta. Il Piano Produttivo messo a punto dal Consorzio di tutela aveva dato i risultati sperati, facendo chiudere il 2007 con un calo della produzione prossimo al 2%. Quanto ci voleva per tonificare il mercato. Come in effetti è accaduto per gran parte dello scorso anno, con prezzi all’ingrosso che già dall’estate avevano iniziato a crescere, complice anche la buona tenuta dei consumi.

L’assemblea del Consorzio, che si è tenuta l’11 aprile, avrebbe così potuto decretare il successo delle scelte operate. Ma sono bastati i primi mesi del 2008 per raffreddare gli entusiasmi. Come ha ricordato il presidente del Consorzio, Nicola Cesare Baldrighi, le quotazioni già da dicembre hanno dato segnali di flessione ed è iniziata una fase di caduta che ha portato i prezzi a regredire sensibilmente rispetto alle quotazioni di ottobre. Un calo che non trova giustificazioni nel normale confronto fra domanda ed offerta, poiché al buon andamento dei consumi si contrappone il calo della produzione, passato da 4.356.881 forme a 4.271.513. “Quindi il nostro sistema – ha affermato Baldrighi - risente troppo di emotività, di sensazioni, sconfinando a volte nell’irrazionalità. Occorrerà perciò analizzare questo stato di cose, capire quali strumenti e quali iniziative potranno aiutare a stemperare questa “concorrenza ansiosa” che crea danno a tutti, dai produttori ai confezionatori e che certo non valorizza il prodotto.”

L’assemblea è stata anche l’occasione per ricordare i principali traguardi raggiunti dal Consorzio nell’ultimo anno. Fra questi l’introduzione del biotracciante destinato a stroncare ogni tentativo di frode, soprattutto all’estero. E poi la battaglia sul nome “Grana” che la Corte di Giustizia europea ha sancito appartenere solo al Grana Padano. Dati positivi anche sul fronte dell’export, salito nel 2007 a 1.164.487 forme, con un aumento del 6,2%, il che porta i mercati stranieri a rappresentare circa il 27 per cento della produzione totale di Grana Padano. Un risultato che testimonia l’impegno nella promozione dell’export, un’attività che si vorrebbe sempre più incisiva perché attraverso nuovi sbocchi commerciali si dà al settore lattiero caseario maggiore stabilità e più ampi margini di crescita.