Amedeo Reyneri è Ordinario di agronomia e coltivazioni erbacee presso il Dipartimento di Scienze agrarie, forestali e alimentari di Torino. Fra le sue competenze rientrano anche quelle in materia di filiere cerealicole e della colture industriali erbacee. È quindi il referente giusto cui rifarsi quando si vogliano approfondire le dinamiche che portano a una produzione cerealicola di successo, sia in termini di quantità, sia di qualità.
 
In occasione dell’evento organizzato da Sipcam per il lancio di Ercole, nuovo geodisinfestante microgranulare a base di Lambda-cialotrina, Amedeo Reyneri ha fornito una panoramica delle variabili agronomiche alla base di produzioni di mais al top delle aspettative.
Reyneri parte da un concetto di base inoppugnabile: l’unica cosa che l’agricoltore non paga è la radiazione solare e questa fa la differenza nel momento in cui la coltura sia chiamata a massimizzare la biosintesi dei carboidrati. Il mais ha infatti una grande capacità di convertire la luce in energia e questa sua predisposizione va pertanto esaltata mettendo la coltura nelle migliori condizioni per esprimersi al massimo delle sue potenzialità.
Negli areali del Nord Italia la radiazione solare massima si verifica indicativamente tra fine giugno e tutto luglio. Questo vuol dire che in questa fase la superficie fotosintetizzante deve essere nel pieno della propria efficienza e vigoria. Conseguentemente, anche la fioritura deve cadere in un periodo ove i processi di fecondazione siano favoriti. Ciò vuol dire che se la coltura fiorisce troppo tardi si perdono giorni preziosi e di conseguenza anche produzioni.
 

L'alta densità ha i suoi perché

 
Dalle tre piante a metro dei primordi si è ormai passati alle 7-7,5 piante a metro quadro e stiamo marciando verso le otto. In tali situazioni il LAI, acronimo di Leaf Area Index, deve risultare superiore al 90%  nella finestra temporale compresa fra i primi di giugno e i primi di settembre, in modo da massimizzare il ritorno sugli investimenti compiuti. I benefici sulle produzioni finali che si ottengono aumentando la densità di semina, però, si ottengono solo a patto di provvedere in modo adeguato alle esigenze della coltura in termini di irrigazione, nutrizione e difesa.
Da prove triennali è emerso come una semina a 45 centimetri di interfila abbia portato produzioni superiori alle semine convenzionali a 75 centimetri, con un +28% di spighe a metro quadro e un +22% per quanto riguarda le cariossidi. Valori molto più che sufficienti a compensare la logica diminuzione del -7,6% in termini di cariossidi/spiga e del -5% del peso stesso delle cariossidi.
 

Difesa precoce, massimi raccolti

 
In queste situazioni di campo appare fondamentale difendere da subito l’apparato radicale del mais, sia contro gli Elateridi, sia contro Diabrotica virgifera. I danni apportati alle radici da questi due fitofagi possono infatti ripercuotersi pesantemente sulle potenzialità delle piante di produrre sostanza secca, il tutto a detrimento del raccolto finale. La lotta contro gli Elateridi, non a caso, comporta in media un +3% di produzione, valore che sale fino al 9% in caso di presenza di Diabrotica.
Da una serie di 40 prove in campo è emerso come nel 41% dei casi si sia beneficiato di maggiori produzioni comprese fra zero e +10%. Il 30% dei campi ha mostrato incrementi compresi fra 11 e 20%. Infine, nel 19% dei casi l’incremento produttivo si è mostrato superiore al 21%. Anche limitandosi alla sola produzione di granella, nel 79% dei casi si è ottenuto un vantaggio tangibile, il quale ha riportato mediamente un valore di +5,6% rispetto ai campi non trattati. Cifre che esprimono già da sole l’utilità che si può ricavare dalle pratiche di difesa delle radici attuate con gli opportuni formulati geoinsetticidi.
Anche in termini di sanità finale dei raccolti la geodisinfestazione assume un ruolo più importante di quanto si possa immaginare. Una pianta sana, con apparato radicale ben sviluppato ed efficiente, patisce in modo minore di stress dovuti al caldo o alla scarsa presenza di acqua. Ciò favorisce la proliferazione dei funghi causa di micotossine anche a fronte di un adeguato livello di protezione dalla Piralide. Da prove di campo (Blandino e Reyneri, 2011) l’assenza di protezione delle plantule dai fitofagi terricoli ha comportato un aumento delle fumonisine del 40%, come pure un aumento del 65% dei casi di non conformità delle partite di granella.
 
Le conclusioni che si possono trarre sono in fondo semplici: gli alti investimenti pagano, come pure le semine precoci, perché permettono alla coltura del mais di presentarsi al massimo del proprio sviluppo nel momento di massima radiazione solare. Ma per ottenere ciò è necessario proteggere da subito le plantule e il loro apparato radicale, proseguendo poi con le adeguate misure fitosanitarie a difesa della foglia e della spiga.
 
Leggi l'intervista a Mauro Agosti, del Servizio Tecnico del Consorzio di Difesa Colture Intensive di Brescia, circa l'approccio tecnico al controllo di Diabrotica nel mais

 Leggi anche l'articolo sulla presentazione di Ercole, nuovo geodisinfestante di Sipcam