In Italia, come nel resto d'Europa, sono molti i terreni che, benché coltivabili, non possono essere destinati alla produzione di cibo. Si tratta ad esempio di suoli contaminati da metalli pesanti, idrocarburi o altre sostanze inquinanti. Ma sono in crescita anche le aree marginali o abbandonate, in cui le caratteristiche del terreno o la mancanza di acqua rendono l'agricoltura difficile e poco remunerativa.


Questi terreni, che in Italia coprono un'area di migliaia di ettari, potrebbero essere destinati alla produzione di biomasse per l'alimentazione di bioraffinerie. Si tratta di impianti industriali che sfruttano materie prime di origine vegetale per produrre composti di vario genere, dal bioetanolo destinato alla trazione dei veicoli, fino alle bioplastiche.

 

Il vantaggio sarebbe duplice, in quanto si metterebbero a valore dei terreni non sfruttati, andando ad alimentare delle filiere virtuose, senza che si crei competizione con la produzione di cibo. Si eliminerebbe dunque quella contrapposizione tra alimentazione ed energia che spesso sorge quando produzioni agricole vengono destinate alla produzione di combustibili.

 

L'Europa investe nelle aree marginali

Il nodo centrale di questa nuova opportunità di sviluppo è rappresentato dalla convenienza economica di produrre nelle aree marginali, abbandonate o inquinate. Proprio per esplorare questa nuova possibilità è nato il progetto ForBio, finanziato con fondi Horizon 2020, che aveva proprio lo scopo di testare la fattibilità di destinare tali aree alla produzione di bioenergie.


"Il progetto si è concluso in maniera positiva in quanto sono state identificate delle colture, come la canna di fiume (Arundo donax), che si prestano bene a crescere in questi terreni oggi non sfruttati", spiega Stefano Fabiani, ricercatore del Centro di Ricerca Politiche e Bioeconomia del Crea. "Per identificare le aree non agricole abbiamo utilizzato le immagini satellitari, che ci hanno permesso di geolocalizzare in maniera piuttosto semplice le aree di possibile interesse".


Il progetto ForBio ha gettato le basi per un nuovo progetto di ricerca, denominato BioPlat-EU, che questa volta ha avuto come obiettivo quello di realizzare una vera e propria piattaforma per valutare gli elementi di fattibilità tecnico economici di un progetto volto a recuperare aree marginali incolte, abbandonate o inquinate.


Questo strumento, aperto al pubblico, permette di identificare un'area, di selezionare colture che possono essere coltivate in quella zona ed identificare eventuali sbocchi alla biomassa prodotta. Il tutto facendo un calcolo di convenienza economica che ha l'obiettivo di supportare le decisioni sia di attori pubblici che privati.


Qualche esempio? Nell'area del Sulcis, in Sardegna, è stata identificata un'area adiacente un impianto industriale che aveva causato un importante inquinamento del suolo. In questi terreni è stata valutata la possibilità di coltivare alcune specie per la produzione di biomassa destinata alla produzione di bioetanolo. Combustibile che sarebbe stato prodotto nell'impianto industriale trasformato in una bioraffineria.

 

Esempi in Italia

Esempi in Italia

(Fonte foto: BioPlat-EU)


Un altro esempio è l'area di Matera, dove vi erano diverse migliaia di ettari ormai abbandonati. Anche in questo caso si è valutata la possibilità di valorizzarli attraverso la produzione di biomasse.

 

"Recuperare queste aree attraverso la produzione di biomasse da destinare alla produzione di bioenergia in un contesto di filiera corta permetterebbe di creare valore e occupazione sul territorio in maniera sostenibile", conclude Stefano Fabiani. "L'auspicio è che questo strumento, online e disponibile al pubblico, venga utilizzato sia dal settore pubblico che da quello privato per dare nuova vita a intere aree che oggi sono invece abbandonate".