Il vino italiano ha retto alla prova della "grande crisi" del 2009. E lo ha fatto grazie ad una ulteriore crescita delle esportazioni e ad uno slancio negli investimenti che ha coinvolto l’acquisizione di terreni, l’ammodernamento tecnologico e immobiliare delle cantine e, soprattutto, le reti commerciali in Italia e all’estero.

Questo il risultato di una ricerca di mercato realizzata, per conto di Vinitaly, da Axiter-Confcommercio assieme all’istituto Unicab: un’indagine congiunturale che ha coinvolto un panel di oltre 360 cantine italiane, le maggiori e le più significative, ma anche realtà cooperative e non, piccole e medie, distribuite in tutte le denominazioni nazionali. 

Questo trend positivo ha coinvolto due cantine su tre con tassi di crescita anche a due cifre tanto in Italia che all’estero e, nel nostro Paese, tanto nel canale della grande distribuzione che nell’Horeca.

Chi va bene, ha goduto nel 2009 anche di un ridotto, o nullo, incremento nei costi. Chi va male, però, registra gravi scompensi su tutta la linea: ha visto ridursi le quote di mercato in Italia, è cresciuto molto poco all’estero, non ha “convinto” l’horeca ed è stato penalizzato da un incremento dei costi significativo.

E questa forbice, molto netta, sembra essere una delle caratteristiche salienti del 2009 che, evidentemente, ha fatto in qualche modo “selezione” fra le cantine.

Al di là della capacità delle singole cantine di reagire alla crisi, vi sono ancora dei “colli di bottiglia” che frenano lo sviluppo: ricarichi eccessivi lungo la filiera e nella ristorazione; la scarsa cultura manageriale e il sottodimensionamento delle aziende; il costo del credito e la difficoltà di accedervi; la carenza di infrastrutture.