È un quadro a tinte fosche quello tratteggiato da Ismea, Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare, per il settore lattiero caseario.

Il report, recentemente pubblicato, evidenzia talune situazioni di mercato che stanno mettendo a dura prova la sopravvivenza di molte aziende zootecniche.

Il calo della produzione interna di latte (meno 1,7%) avrebbe dovuto accompagnarsi, in una situazione di normalità, a un aumento del prezzo del latte. Al contrario, il prezzo alla stalla è in calo, schiacciato dal prepotente aumento delle importazioni che hanno segnato nei primi nove mesi del 2023 un più 57,1%.

 

Principale protagonista di questi flussi è il latte tedesco, forte di un prezzo competitivo. A farne le spese è il prezzo del latte italiano, che nel mese di novembre si è collocato mediamente a 49,6 euro per 100 litri, in calo del 14% rispetto all'anno precedente.

Per il latte spot, venduto fuori contratto, le quotazioni del 29 gennaio si fermano a 49,25 euro al quintale (meno 5,3% rispetto all'anno precedente).

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Il prezzo scende

Sono lontani i tempi che vedevano il prezzo del latte spot tedesco e francese quotare più di quello italiano. La forbice si è da tempo invertita a favore del prodotto straniero e le industrie di trasformazione non hanno esitato a cambiare fornitore, lasciando che il prezzo del latte italiano iniziasse una corsa verso il basso.

 

Nell'Unione Europea (Ue) la flessione del prezzo del latte è favorita dall'andamento della produzione, cresciuta dello 0,5% nei primi nove mesi del 2023.

Spinte produttive più elevate sono quelle di Germania (+2,2%), Paesi bassi (+2,2%), Belgio (+4,2%).

Ecco spiegata la debolezza del mercato europeo, con prezzi del latte che mediamente nella Ue si sono fermati a 44,4 euro al quintale (dati di novembre 2023), con una flessione di oltre il 23% rispetto all'anno precedente.

 

L'export tiene

I prezzi del latte sarebbero probabilmente scesi ancor di più se al contempo non si fosse registrato un aumento dell'export comunitario di formaggi, che ha segnato un incremento del 2%.

Esportazioni in crescita per il burro, che ha così beneficiato di prezzi più alti (500 euro per tonnellata, +8%).

Migliorate anche le esportazioni comunitarie di latte in polvere intero e scremato, che nei primi nove mesi dello scorso anno hanno registrato rispettivamente incrementi del 13% e del 19%, con prezzi in aumento del 4% fra ottobre e novembre del 2023.

 

Volatilità

Tornando alla situazione italiana, solo il calo dei costi delle materie prime per l'alimentazione del bestiame ha salvato almeno in parte i bilanci delle aziende zootecniche, altrimenti destinate a produrre in perdita.

Ma bisogna ancora fare i conti con un'elevata volatilità di questi mercati, che in ogni caso si mantengono su livelli decisamente più alti rispetto a quelli del periodo pre covid.

Una situazione che chiama in causa le tensioni internazionali e la forte dipendenza dall'estero per l'approvvigionamento di queste materie prime per la produzione di mangimi.

 

I formaggi

Il calo del prezzo del latte in Italia va di pari passo con la difficile congiuntura del settore caseario, cui è destinata la maggior parte del nostro latte.

Il report di Ismea prende in esame i due grandi formaggi "grana", il Parmigiano Reggiano e il Grana Padano. Le quotazioni di entrambi sono in costante declino, sebbene con toni più accentuati per il Parmigiano Reggiano.

Male però anche altri importanti formaggi, come il Gorgonzola, l'Asiago, il Provolone e la mozzarella.

 

Il nostro export

Stride con questo scenario dai tratti negativi il buon andamento delle nostre esportazioni. Il 2023 ha fatto registrare per l'export di prodotti lattiero caseari aumenti in volume del 5% e in valore del 10%.

A trainare le esportazioni sono in particolare i formaggi freschi e i due "grana", come pure sono in aumento i grattugiati e il Gorgonzola.

In altre parole l'aumento dei prezzi al dettaglio non ha inciso sulla domanda estera di formaggi made in Italy.

È però aumentata anche la nostra quota di importazioni, favorita dalla minore produzione interna. La bilancia commerciale resta comunque in attivo con un più 319 milioni di euro.

 

Mercati instabili

Questo lo scenario tratteggiato nel report realizzato da Ismea, dal quale emergono talune contraddizioni che si registrano in Italia per il mercato del latte.

Il calo della produzione avrebbe dovuto dare tonicità ai prezzi. Tanto più che la domanda è praticamente stabile (un modesto meno 1%) a fronte di un aumento della spesa del 14%, motivato dal movimento inflativo ora in contrazione.

Segno della tenuta dei consumi, nonostante il sensibile aumento dei prezzi al dettaglio. Anche l'aumento delle esportazioni avrebbe dovuto dare impulso ai mercati del latte e dei formaggi, che al contrario perdono posizioni.

 

Chi perde e chi vince

La caduta del prezzo del latte è dunque da ascrivere principalmente agli effetti di un aumento delle importazioni, in particolare dalla Germania.

Import che parrebbe funzionale a soddisfare la maggiore richiesta di latte a lunga conservazione, di minore qualità.

La flessione dei prezzi giunge peraltro a ridosso di importanti scadenze nel rinnovo dei contratti di cessione del latte, in un momento propizio agli interessi delle industrie. A scapito, inevitabilmente, degli allevatori.