Questa la fotografia scattata da una ricerca di Althesys sulla filiera avicola che tiene insieme gli effetti diretti, indiretti e l'indotto, e in cui si fa presente che il settore ha un ruolo di "moltiplicatore economico" tanto che ogni euro di valore generato nella fase di trasformazione ne produce 5,70 sul resto del comparto.
Il giro di affari complessivo della filiera avicola - spiega lo studio presentato a Roma nel corso dell'assemblea di Unaitalia (Unione nazionale filiere agroalimentari carni e uova), che quest'anno celebra anche sessanta anni e che tra gennaio e febbraio del 2020 parteciperà a Veronafiere, alla 114esima edizione di Fieragricola, dove andrà in scena anche la terza edizione del premio nazionale 'Avicoltore dell'anno', dedicato alle migliori pratiche di allevamento sul benessere animale, la sostenibilità, l'innovazione e la biosicurezza - è di 21,7 miliardi. Effetti tangibili si riscontrano anche sul fronte dell'occupazione, con circa 83mila addetti. Per ogni dipendente nella trasformazione, vengono creati altri due posti di lavoro e mezzo lungo tutte le altre fasi della filiera (incubatoi, agricoltura, mangimi, industria, housing allevamenti, servizi, logistica, distribuzione e vendita).
"L'avicoltura italiana - osserva il presidente di Unaitalia Antonio Forlini - è un comparto zootecnico strategico che garantisce un prodotto e una filiera al 100% made in Italy. In meno di dieci anni il settore ha fatto passi da gigante sul fronte del benessere animale, della sicurezza e della riduzione degli antibiotici (-80%), registrando, a fronte di importanti investimenti, una crescita di fatturato del 7,5%, oggi a quota 5,7 miliardi. Ma per non perdere solidità e autosufficienza dobbiamo però accedere ai nuovi mercati; servono misure di sostegno alla competitività delle imprese e all'export, che dal 2017 perde in media il 3,9% l'anno in valore. E' ancora fermo per esempio il dossier Cina, su cui chiediamo al più presto una cabina di regia tra il ministero delle Politiche agricole, il ministero della Salute, il ministero degli Affari esteri e il ministero dello Sviluppo economico".
Dai dati della relazione annuale Unaitalia emerge che nel 2018 l'export di carni avicunicole è stato di 176.800 tonnellate, pari al 13% della produzione totale, cioè 389 milioni di euro; tra i principali paesi che ricevono i nostri prodotti c'è soprattutto l'Ue che copre i due terzi dell'export avicolo italiano, e in particolare la Germania (con il 42%), la Grecia e la Francia. Il pollo è tra le carni più prodotte a livello mondiale con 124 milioni di tonnellate nel 2018. Ed è anche la carne che piace di più agli italiani: al Sud rappresenta il 30% degli acquisti (più 2,8% sul 2017), al Nord Ovest il 26%, e al Centro Italia il 25%. In testa ai consumi delle famiglie ci sono i panati e i preparati (più 9,3% in volume e più 10% in valore sul 2017).
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