L'export del settore cerealicolo non conosce crisi e, anzi, continua a macinare crescita rispetto agli aumenti molto più lievi, sia in quantità che in valore, delle importazioni. Lo dice l'Anacer, che fotografa una situazione in cui, dati alla mano al 31 luglio 2020, il deficit derivante dall'interscambio nella bilancia cerealicola si è ridotto, rispetto allo stesso periodo del 2019, di 314 milioni di euro, passando dai 1.280,3 milioni di euro dell'anno scorso ai 966,3 milioni di quest'anno.

Focalizzando l'attenzione su entrambe le attività, per quanto riguarda l'import nei primi sette mesi del 2020 i quantitativi arrivati sono cresciuti di 217mila tonnellate (+1,8%) mentre nel valore l'aumento è leggermente più elevato (+77,4 milioni di euro, ovvero il +2,3%), passando dai 3359,9 milioni di euro di esborso del 2019 al 3437,3 milioni del 2020. Sotto il profilo dei prodotti, si registra il consolidamento della tendenza all'aumento dell'import di grano duro (+568mila tonnellate), mentre calano grano tenero (-161mila tonnellate), mais (-169mila tonnellate) e orzo (-35.600 tonnellate). Leggero aumento per i prodotti trasformati (+2,5%), mentre si registra un brusco calo per i mangimi (-22,2%) e del riso (-9,7%).

Sul fronte dell'export, la crescita quantitativa delle vendite fuori confine risulta essere in aumento al 31 luglio 2020 del 15% (+381.600 tonnellate), con una crescita in valore di 391,4 milioni, passando così da un giro d'affari di 2.079,6 milioni di euro del 2019 ai 2.471 milioni di quest'anno. A tirare la volata dell'export è ancora una volta la pasta (+23,5%), equivalente a 263mila tonnellate in più esportate, oltre ai mangimi a base cereali (+11,7%). Ottime performance, infine, per semola di grano duro (+11,5%), prodotti trasformati (+10,1%) e riso (+15,1%).