Vsafe è uno spin off dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza e nel 2017 aveva già affrontato il ruolo degli agrofarmaci nel sostegno all'agroalimentare italiano. Recentemente, ne è stato ampliato il raggio, sviluppando il progetto dal titolo "Il ruolo degli agrofarmaci nell'agroalimentare italiano: uno studio su 18 filiere".
Promosso da Agrofarma, l'Associazione dei Produttori di Mezzi Tecnici per la Difesa delle Colture, il progetto ha valutato i potenziali impatti su 18 differenti filiere agroalimentari derivanti da un'eventuale rimozione, totale e repentina, di tutti i prodotti fitosanitari. I risultati, ovviamente, sono quelli che ci si può attendere avendo una buona preparazione in campo fitosanitario. Ma esprimere la percezione attraverso i numeri è decisamente meglio.
Stando al rapporto di VSafe, gli agrofarmaci rappresentano infatti uno dei pilastri su cui si fondano le rese per ettaro delle colture, quindi indispensabili per scongiurare gravi perdite di produzione. Se tutti gli agrofarmaci venissero banditi, le produzioni crollerebbero a botte di due cifre percentuali.
Già nel report del 2017, per esempio, si poteva evincere un crollo del 67% nella produzione di mele e del 62% quello dell'uva da tavola e delle olive da olio. Peggio ancora per il pomodoro da industria, con un -81% alla raccolta, battuto solo dal mais (-87%) e dal riso (-84%). Ancora, togliere fungicidi e insetticidi dai vigneti causerebbe un -71% nelle uve da vino, come pure perderemmo il 57% del grano tenero, nonché il 70% nel grano duro, con somma gioia dei produttori stranieri, come per esempio il Canada. Anche la verdura fresca avrebbe peraltro delle serie conseguenze, con un -68% nelle insalate di quarta gamma.
Va da sé che tali scenari sono volutamente estremi, dato che la difesa delle colture continuerà a esistere, sebbene falcidiata nel tempo da continui tagli e revoche. Però, chiunque lavori in campo sa bene come anche un solo trattamento sbagliato possa generare danni finali di molti punti percentuali. In certe annate è bastato non effettuare tempestivamente un solo trattamento su vigneti e frutteti per poi dover rincorre i patogeni per tutto il resto della stagione, con seri aggravi dei costi per le aziende agricole e dei danni finali che comunque finivano con l'essere inevitabili.
E a un'azienda non serve perdere tutta la produzione per saltare per aria. A volte "bastano" perdite annue del 25-30% per non riuscire a fare bilancio. Un caso ancor più drammatico, per esempio, si ravvisa fra i pericoltori, i quali tra cimice asiatica e maculatura bruna perdono ogni anno fette importanti dei raccolti, decidendo purtroppo di passare spesso dagli atomizzatori alle motoseghe.
L'aggiornamento di VSafe
L'evoluzione dello studio ha aggiunto importanti considerazioni dal punto di vista economico, fornendo anche uno spaccato degli attuali scenari d'impiego dei prodotti fitosanitari, costantemente in calo negli ultimi decenni, come pure dei profili residuali dei raccolti, confermatisi anno dopo anno sempre più a ridosso di quell'irraggiungibile 100% in termini di rispetto dei limiti di Legge.
Circa l'impatto economico sulle 18 filiere considerate, si stima un calo da 15,1 miliardi di euro a soli 4,4 (-71%). Anche le industrie agroalimentari vedrebbero passare i propri fatturati da 25,65 miliardi di euro a soli 5,40 (-79%). Ciò impatterebbe anche il commercio verso l'estero, con una riduzione delle esportazioni pari a -10,9 miliardi di euro, calando da 14,81 miliardi a soli 3,96 miliardi.
Ciò comporterebbe di concerto un aumento delle importazioni, stimato questo in oltre 9,3 miliardi di euro, passando da 6,0 a 15,4 miliardi. In pratica, pur limitandosi a considerare gli effetti di queste 18 filiere, la bilancia commerciale peggiorerebbe di oltre 20 miliardi di euro, somma delle minori esportazioni (-10,9 miliardi) e delle maggiori importazioni (+9,3 miliardi). Con tanti saluti quindi al made in Italy.
L'impatto complessivo ammonterebbe infatti a 51,2 miliardi di euro, di cui il 21% sarebbe a carico dell'agricoltura, il 40% graverebbe sulle industrie e il restante 39% andrebbe a minare gli scambi commerciali.
Non solo VSafe
Mentre da più parti si spinge ossessivamente alla riduzione dei mezzi di difesa, per lo più su motivazioni demagogiche anziché scientifiche, la Fao ha nominato il 2020 "Anno internazionale della salute delle piante", ricordando come già oggi si stimino intorno al 40% le perdite di cibo a livello mondiale a causa di parassiti e patogeni. Una percentuale media che tocca il suo massimo, ça va sans dire, nei Paesi poveri e il suo minimo in quelli industrializzati. Sempre secondo la Fao, già oggi vengono persi annualmente 220 miliardi di dollari a livello globale, esprimendo i danni in termini economici.
Meglio sarebbe quindi iniziare a prendere coscienza di quanti danni si siano già fatti alla fitoiatria, specialmente quella europea. Magari mettendo un freno alle campagne abolizioniste di tipo propagandistico, quelle cioè che fanno leva sull'emotività della popolazione anziché sulle evidenze dei numeri.
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Autore: Donatello Sandroni