Si moltiplicano i progetti per sfruttare le tecnologie della blockchain ai prodotti agroalimentari. Ma il lavoro agricolo rischia di restare ai margini.

C'era il pericolo di una forte caduta della produzione di mele. Ma le previsioni della vigilia erano persino troppo pessimistiche.

E' confermato, la produzione di mais è stata superiore dell'8%. E per il grano è necessario impegnarsi in progetti di filiera per il futuro.

Il successo di molti prodotti agroalimentari è legato al buon andamento delle esportazioni. Ma c'è timore per le conseguenze legate all'uscita della Gran Bretagna dall'Unione Europea.

I dazi statunitensi ora colpiscono le olive spagnole. C'è chi teme che il problema possa allargarsi all'Italia.

Il decreto semplificazioni non prevede più il carcere per chi non provvede ad abbattere gli ulivi colpiti dalla Xylella.

La genomica promette vitigni più resistenti agli attacchi dei patogeni. Per la salute dei pomodori ci pensa invece un robot.

Questi sono solo alcuni degli argomenti incontrati sui quotidiani in edicola in questi ultimi giorni. Vediamoli più in dettaglio di seguito.


Piace la blockchain

La blockchain si è fatta conoscere per la gestione delle criptovalute, come i famosi bitcoin, una delle monete virtuali utilizzate sul web.
Se "funziona" nel garantire delicate transazioni virtuali, ci si è detti, può con uguale efficacia essere garanzia nella movimentazione di beni reali, fra questi i prodotti agroalimentari.

Di questa possibile applicazione della blockchain si parla da tempo e intanto qualche importante gruppo della distribuzione è già al lavoro per applicarla ai prodotti che passano attraverso i suoi canali commerciali. Un'opportunità per la grande distribuzione organizzata, ma un rischio per il mondo agricolo, escluso dai benefici che dalla blockchain possono derivare.

Meglio correre ai ripari, e da "Il Sole 24 Ore" del 29 gennaio si apprende che l'Ice, l'Istituto italiano per il commercio estero, ha allo studio un progetto che utilizzando le procedure della blockchain si propone di porre un "sigillo di garanzia" a protezione del made in Italy sui mercati stranieri.

Anche in questo caso, tuttavia, le ricadute per il mondo agricolo rischiano di essere modeste.
Più vicino agli interessi degli agricoltori sembra allora il progetto messo a punto da Coldiretti, che utilizzando queste tecnologie si propone di offrire più ampie garanzie sulla certificazione dei prodotti agricoli.
Il progetto, come spiega "Italia Oggi" del 30 gennaio, sarà necessariamente aperto alla partecipazione di cooperative e industrie della trasformazione.

Visto che le finalità sono le stesse, c'è da sperare che alcune di queste iniziative trovino un punto di incontro, piuttosto che farsi concorrenza, dissipando energie e opportunità.


Mele, meglio del previsto

In attesa di conoscere che ne sarà di questi progetti, dai mercati arrivano notizie incoraggianti che smentiscono alcune previsioni negative della vigilia.
Accade per le mele la cui produzione è migliore rispetto al previsto.

Così dal "Corriere del Trentino" del 25 gennaio si apprende che i soci del consorzio Melinda, dove i consuntivi parlano di 443mila tonnellate prodotte, si vedranno corrispondere una liquidazione più alta del previsto.

Più in generale, scrive "Italia Oggi" del 30 gennaio, la produzione di mele è superiore alle attese, pur attestandosi su livelli più bassi rispetto all'annata precedente.


Mais, avanti tutta

Sono tutti i numeri con il segno più davanti quelli registrati dalla produzione di mais.
Se ne parla il 25 gennaio sull'"Eco di Bergamo", dal quale si apprende che la produzione è aumentata dell'8%, mentre nel frattempo il Crea è al lavoro per la messa a punto di nuove varietà.

La conferma dell'ottimo andamento della produzione di mais arriva il 30 gennaio dalle pagine di "Italia Oggi", che indica in 6,2 milioni di tonnellate la produzione complessiva.

L'andamento del mercato del grano è preso in esame il 28 gennaio da "QN", che su questo argomento ospita un articolo a firma di Cosimo De Sortis, neopresidente di Italmopa, l'associazione che riunisce le industrie molitorie italiane.
Per ridare slancio alla settore, afferma De Sortis, si auspica la realizzazione di un progetto di filiera.


Chi punta sull'export

L'attenzione de "La Sicilia" del 31 gennaio è puntata sulle iniziative per favorire l'esportazione degli agrumi siciliani sul mercato cinese. Già prevista la partenza da Catania delle prime partite con destinazione Shangai. Arrivo previsto il 18 marzo.

Chi già registra buoni risultati su questo mercato sono i vini toscani, come scrive il 25 gennaio "Repubblica".

Punta invece sugli Emirati Arabi l'agnello sardo Igp, cogliendo le opportunità della partecipazione a una manifestazione fieristica a Dubai della quale si parla su "Italia Oggi" del 30 gennaio.

L'importanza delle esportazioni agroalimentari italiane è riassunta in una brevissima notizia pubblicata il 28 gennaio su "Repubblica", dove si ricorda che il valore del nostro export in questo settore ha raggiunto i 42 miliardi di euro.
 

Timori per la brexit

I buoni risultati dell'export potrebbero essere compromessi dagli esiti delle trattative sull'uscita della Gran Bretagna dall'Unione europea.
A parere de "Il Tempo" del 25 gennaio, a rischio ci sono 3,4 miliardi di euro che potrebbero sparire in assenza di accordi a noi favorevoli.
Fra i prodotti più penalizzati i nostri pomodori e il prosecco.

A questi prodotti "La Stampa" del 27 gennaio aggiunge i formaggi, che potrebbero subire un pesante contraccolpo nei futuri commerci con la Gran Bretagna.

Che le modalità con le quali sarà attuata la Brexit possano tradursi in forti penalità per l'agroalimentare italiano, ne è convinto anche "Il Gazzettino" in edicola il 27 gennaio.

Scende in campo anche Confartigianto del Veneto, che dalle pagine del "Giornale di Vicenza" del 31 gennaio esprime preoccupazioni per i 300 milioni di euro che fra cibi e bevande partono da questa regione verso la Gran Bretagna.
 

Attenti ai dazi

Sui mercati internazionali si registra la presa di posizione dell'Unione Europea contro i dazi che gli Stati Uniti vorrebbero imporre alle olive spagnole.
Se ne parla il 29 gennaio su "Il Sole 24 Ore" e i motivi di tanta attenzione sono legati al fatto che il problema che oggi riguarda la Spagna domani potrebbe coinvolgere l'Italia.

Nel frattempo si apprende da "Italia Oggi" del 30 gennaio del via libera dell'Unione europea alle importazioni di soia statunitense, purché destinata alla produzione di biocarburanti.

Restiamo sugli scenari internazionali con l'intervista all'europarlamentare Paolo De Castro, ospitata sulle pagine del "Corriere del Mezzogiorno" del 28 gennaio, dove si ripercorrono i risultati degli ultimi cinque anni di politica agricola comunitaria.


Xylella, niente carcere

Da Bruxelles a Roma con il commento critico de "Il Fatto" del 26 gennaio a proposito del cosiddetto "Decreto semplificazioni", nelle cui pieghe si celano molte decisioni che riguardano l'agricoltura.
Tra queste l'iniziale proposta di prevedere il carcere per quanti non avessero assolto l'obbligo di sradicare gli ulivi colpiti dalla Xylella.

Una scelta che sin dal primo momento ha suscitato non poche perplessità e la "Gazzetta del Mezzogiorno" del 29 gennaio ricorda che questa proposta è stata poi eliminata nella fase di conversione del decreto.

Ancora sulla "Gazzetta del Mezzogiorno", del 31 gennaio in questo caso, si continuano a seguire gli sviluppi dell'emergenza Xylella, che ora si arricchisce di un nuovo episodio con il commissariamento dell'Arif, l'agenzia che dovrebbe occuparsi della lotta a questo patogeno.


Ricerca e innovazione

È sempre intensa l'attività del mondo della ricerca sui temi agroalimentari. Interessante a questo proposito l'intervista a Michele Morgante, dell'istituto di genomica dell'Università di Udine, ospitata su "Il Messaggero" del 28 gennaio.
Nel prossimo futuro, si legge, saranno i geni a proteggere il vino e grazie a vitigni più resistenti ci sarà un minore impiego della chimica.

E' invece destinata alla coltivazione dei pomodori la tecnologia messa a punto per monitorare lo stato di salute di questa coltura, il tutto grazie ad una sorta di "robot" descritto da "La Sicilia" del 29 gennaio.

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