“Il Ttip deve essere un accordo win-win per Unione europea e per Stati Uniti: se si riesce a chiudere il trattato nei prossimi mesi va bene, ma se si deve chiudere in qualche modo e raggiungere un accordo light, finalizzato a eliminare solo un po’ di dazi doganali e poco altro, allora penso che non si tratti di un risultato ottimale. In tal caso, meglio prendere più tempo e arrivare a un accordo vantaggioso per entrambi”.

Queste le parole del parlamentare europeo Herbert Dorfmann (Südtiroler Volkspartei), componente della Commissione Agricoltura e sviluppo rurale e sostituto nella Commissione Ambiente.
AgroNotizie lo ha intervistato partendo dalla posizione dell’europarlamentare sul Trattato transatlantico di libero scambio (Ttip), per arrivare alla proposta piuttosto fuori dagli schemi avanzata da Dorfmann sul tema della ricerca e dell’innovazione in agricoltura.

Onorevole Dorfmann, ritiene che una lista in cui le Indicazioni geografiche europee, forse anche solo le più importanti, siano accettate dagli Usa per una loro piena tutela, sia una strada percorribile?
“Sì. E' una necessità assoluta. Abbiamo raggiunto un risultato molto simile col Canada, nell’accordo Ceta, e se non riusciamo a introdurre uno schema simile di protezione nell’accordo con gli Usa, temo che perderemo tutti gli accordi commerciali successivi”.

Sul serio?
“Certo. Secondo lei, perché ad esempio il Brasile piuttosto che il Vietnam o l’Australia dovrebbero essere d’accordo ad accettare una lista di Indicazioni geografiche, se gli Usa non l’hanno fatto? Sarebbe un rischio gravissimo che l’Europa non può permettersi di correre”.

L’impressione è che l’Europa sia un po’ in difficoltà nelle trattative internazionali, dal Ttip al Mercosur, fino ai negoziati di libero scambio con Cina e Giappone. Condivide?
“Da un punto di vista agricolo c’è una differenza assoluta tra gli Usa e il Mercosur, perché, mentre gli Stati Uniti comprano moltissimi prodotti agricoli europei, anzi, c’è un surplus abbastanza consistente nel commercio di prodotti agroalimentari a favore dell’Europa, col Sudamerica parliamo di un accordo complessivo, che sicuramente non andrà a favore dell’agricoltura europea. Mentre l’economia sudamericana punta chiaramente ai mercati agricoli e agroalimentari dell’Unione europea, noi sappiamo che le nostre possibilità sono molto inferiori rispetto all’accordo con gli Usa. Sul Mercosur, in particolare, anch’io sono molto cauto”.

Una delle battaglie del mondo agricolo è legata all’etichettatura. Cosa ne pensa?
“Siamo sicuri davvero che l’etichettatura paga? Scrivere che il latte viene dalla Repubblica Ceca piuttosto che da un altro Paese influisce veramente sui consumatori? Io non sono convinto. Serve un mercato europeo e un impegno comune europeo per esportare al di fuori dell’Europa. E' l’export la vera sfida. Con questo non significa che non dobbiamo tutelare le produzioni agricole comunitarie o dare corrette informazioni al consumatore”.

Il tema degli Ogm secondo lei è superato?
“No, non credo. Oggi la scienza ha a disposizione nuovi metodi, come per esempio la cisgenetica. Bisogna valutare che effetto positivo e innovativo queste tecnologie possono dare, tenuto anche conto che rientrano nell’alveo dell’ingegneria genetica, ma sono privi di qualsiasi aspetto che caratterizzava gli Ogm di prima generazione. Io sono convinto che sulla riduzione dell’uso dei fitofarmaci bisognerà investire sull’innovazione genetica. In questo ambito le tecnologie moderne sono sicuramente importanti”.

Come si potrebbero incentivare ricerca e sviluppo in agricoltura?
“Dovremmo chiederci se i soldi per un’agricoltura del futuro ci sono, innanzitutto. Sono convinto che il sistema che abbiamo portato avanti nella Pac oggi abbia fatto il suo tempo, soprattutto per quanto riguarda il Primo pilastro. Oggi se vogliamo veramente avere un ruolo importante come agricoltura europea sicuramente ci serve più innovazione e un ruolo più attivo.
Il Primo pilastro della Pac è un sistema politico di sostegno all’agricoltura abbastanza passivo, non favorisce l’innovazione e chi cerca di fare effettivamente l’agricoltore. Non dico che sia da abolire, però secondo me bisogna trovare dei fondi per creare veramente un’agricoltura più innovativa e, se vogliamo dire, anche più aggressiva verso i mercati internazionali”
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Quali soluzioni propone?
“La dote finanziaria della Pac per il 2014-2020 ammonta a 52 miliardi di euro. Potremmo togliere 10 miliardi di euro dal Primo e dal Secondo pilastro per favorire ricerca e innovazione in agricoltura”.