Più d'una le motivazioni, fra queste la flessione dell'export europeo di carni suine, in calo del 14%. E sul futuro si addensa qualche nube. E' questo in sintesi il quadro che emerge dall'analisi sul mercato suinicolo che Ismea (Istituto di servizi per il mercato agricolo) ha diffuso in questi giorni.
La caduta dell'export
Dopo la profonda crisi che ha interessato il comparto suinicolo fra il 2014 e il 2015, per la suinicoltura europea era iniziata una stagione di prezzi in crescita, che si è protratta sino al primo semestre del 2017.Crescita che ha mostrato i primi cedimenti a inizio estate e poi è proseguita sino ad oggi.
Il calo nell'export è fra le principali cause, a sua volta dovuto agli elevati prezzi europei e alla competitività sui mercati internazionali delle carni suine di altre provenienze, come Canada e Stati Uniti, che hanno aumentato la loro quota di presenza sul mercato cinese, a scapito della provenienza europea.
Il risultato è una caduta del 43% delle esportazioni europee verso la Cina, solo in parte compensato dalle nuove destinazioni, come Corea del Sud, Filippine e Giappone.
Il calo dei prezzi
Il risultato lo si è visto sui prezzi, che sul mercato europeo sono passati dai 188 euro al quintale (peso morto) di inizio anno, ai 167 euro del giugno scorso. Sin qui i dati Ismea sui prezzi europei.Un'occhiata alle rilevazioni di prezzo elaborate dalla Commissione europea a fine novembre mostrano un quadro anche peggiore.
Il prezzo medio si ferma a 144 euro, sempre riferito al peso morto. Rispetto all'anno precedente si ha un calo del 5,2%.
Assomiglia molto a un'inversione di tendenza che sarà difficile recuperare.
Meglio in Italia
Più tonico il mercato italiano del suino pesante, principale protagonista della nostra suinicoltura e destinato al circuito della trasformazione.Per questa tipologia il prezzo medio all'origine (peso vivo) nel periodo fra gennaio e ottobre è stato di 1,66 euro al kg.
Passando dalla media calcolata da Ismea alle rilevazioni sul mercato di Modena, si nota la quasi costante progressione dei prezzi, dagli 1,577 euro/kg di gennaio agli 1,703 di novembre (peso oltre i 156 kg). Prezzi comunque superiori a quelli dell'anno precedente.
Più suini
Ora cosa accadrà? L'analisi di Ismea non lo dice, ma alcuni dati che vi sono contenuti consentono di anticipare i possibili scenari.Partiamo dalla situazione europea, dove il patrimonio di scrofe è in ripresa (+1,2% a giugno rispetto a dicembre 2016).
In Italia a fine dicembre 2016 il numero di scrofe era di 558mila unità, 31mila in meno rispetto all'anno precedente. Difficile immaginare che a fine anno si possa registrare un'analoga flessione. Più realistico un aumento, sospinto dai buoni prezzi di mercato e allineato a quello della media europea.
Risultato, un aumento della produzione nella Ue e anche in Italia.
I consumi in Italia
Riuscirà il mercato ad assorbire questo aumento di offerta di carne suina? In Italia la domanda è migliorata, con trend positivi rispetto al 2016, sia per le carni fresche sia per quelle trasformate.Positivo anche l'andamento dell'export, in particolare per i prosciutti cotti (+8,3% in volume e +12,4% in valore), come pure di salsicce e salami stagionati (+7% in volume e + 10% in valore). Qualche nota negativa arriva dall'export di prosciutti stagionati, con una brusca caduta di quasi il 19% in volume.
Le previsioni
Uno sbocco per gli aumenti produttivi sembra esserci.Sempre che non vengano meno le spinte sull'export e che la pressione delle importazioni, in calo fra gennaio e agosto, non inverta la tendenza.
In questo scenario la maggiore offerta non dovrebbe mortificare le quotazioni, che potrebbero dunque mantenersi su livelli 'post-crisi'. Sempre che gli equilibri internazionali non subiscano profondi mutamenti, comunque imprevedibili.