L'effetto annuncio di un'annata di scarica non fa crescere i prezzi all'origine dell'olio di oliva extravergine rilevati da Ismea, anzi in alcuni casi questi calano per via delle costanti pressioni provenienti dai frantoi, alle prese con giacenze ancora molto elevate rispetto ad un anno fa. Al contrario, le stime di una produzione di olio da pressione 2020 più bassa dell'ultima annata continuano a fare effetto sul mercato all'ingrosso dell'olio di oliva molto più delle continue conferme di più elevate giacenze rispetto ad un anno fa, che vengono puntualmente registrate anche dall'ultimo numero di Frantoio Italia, pubblicato il 5 ottobre scorso.
 

Mercato di Bari ieri

Infatti ieri, 6 ottobre 2020, la Commissione olio della Borsa merci di Bari ha fissato l'olio extravergine di oliva con acidità massima dello 0,4% a 4 euro al chilogrammo sui valori minimi e 4,10 sui massimi.
Si tratta di un aumento legato ad una situazione di "mercato sostenuto" per citare il bollettino di Borsa, che comporta un incremento di 10 centesimi di euro sui valori massimi e 20 centesimi sui minimi rispetto alle quotazioni del 22 settembre, poi replicate nella scorsa seduta del 29 settembre.

Dal 25 agosto l'extravergine di qualità è così aumentato di 40 centesimi di euro sui minimi e 30 centesimi sui massimi, portandosi su valori maggiori di 70 centesimi sui massimi rispetto a febbraio scorso, quando il prezzo era sceso sui valori più bassi degli ultimi tempi.

Complessivamente, a ieri, il prezzo medio sulla piazza di Bari è cresciuto di circa il 19,12% rispetto alla prima seduta dell'anno, quando ancora l'onda ribassista non aveva raggiunto il suo punto più basso.

Ieri la Commissione olio ha rilevato anche i prezzi per l'olio extravergine biologico, che resta stabile a 4,20 euro sui minimi e 4,60 sui massimi. Invece il valore unitario dell'extra vergine Dop Terra di Bari è stato rivisto al rialzo e passa da 4,00 a 4,10 euro al chilogrammo.
 

Variazione delle giacenze neutre rispetto al prezzo

Su queste variazioni di prezzo non hanno potuto incidere le variazioni delle giacenze. Secondo il report Frantoio Italia n 28 dell'Istituto centrale per la qualità e repressione frodi, pubblicato dal Mipaaf il 5 ottobre scorso, "Lo stock di olio detenuto in Italia il 30 settembre 2020 ammonta a 260.168 tonnellate, di cui il 71,1% è rappresentato da olio Evo. Nell'ambito dell'olio Evo, il 51,5% (95.139 tonnellate) è di origine italiana e il 40,2% è di origine Ue. Marginali gli stock di olio extra Ue (9.754 tonnellate) e di oli blend (5.635 tonnellate)".

Il tutto con una variazione negativa di appena il 3,83% rispetto al 16 settembre, quando l'olio Evo presente in Italia nel suo complesso era pari a 192.265 tonnellate, mentre la giacenza al 30 settembre è comunque ancora attestata a 184.897 tonnellate.

Ma la situazione è messa ancora peggio se confrontata a 12 mesi prima: "Rispetto al 30 settembre 2019, le giacenze di olio risultano nel complesso superiori del 47,6% - afferma Frantoio Italia -. Tale differenza è da attribuire prevalentemente alle variazioni di giacenza dell'olio Evo in generale (+68,7%) e di quello italiano, in particolare. Infatti, rispetto al 30 settembre 2019, lo stock di olio Evo italiano è maggiore per una quantità pari a 47.583 tonnellate (+100,1%)".

Nonostante una diminuzione veramente minima delle giacenze, che permangono su valori assolutamente superiori rispetto allo scorso anno, i prezzi di mercato sono in aumento, pertanto la variazione delle giacenze è neutra rispetto ai prezzi, che evidentemente variano in questa fase molto più in funzione delle aspettative di un'annata di scarica che sulla base delle scorte di magazzino.
 

Prezzi all'origine

Al contrario, le giacenze elevate nei frantoi e negli oleifici, stanno esercitando - unitamente all'effetto "olio vecchio" - una spinta al ribasso, ovvero un contenimento della crescita sui prezzi all'origine dell'olio di oliva rilevati da Ismea. I ribassi si osservano in Calabria e nel Salento: proprio mentre gli olivicoltori si apprestano alla raccolta ed a portare le olive nuove a molitura, vedono cadere in molti casi il prezzo in olio loro pagato per le olive. Vanno decisamente meglio le cose da Bari in su ed in Sicilia.

La situazione peggiore si registra in Calabria, dove negli ultimi sette giorni di settembre i prezzi medi dell'olio evo sono crollati del 9,2%, portando i valori delle piazze di Rossano Calabro, Lametia Terme, Cosenza e Catanzaro il 1° ottobre a 2,95 euro al chilogrammo: una quota addirittura inferiore di 3 centesimi a quella registrata il 30 luglio scorso, quando vi erano stati dei primi timidi rialzi.

Situazione simile anche se più attenuata rispetto alle piazze calabresi si registra nell'area del Salento: Lecce, Brindisi e Taranto perdono nell'ultima settimana di settembre il 5,6% e vedono deprimersi il valore medio dell'olio Evo rilevato il 1° ottobre a 3,35 euro al chilogrammo. Un prezzo che resta comunque maggiore di 20 centesimi rispetto al 30 luglio scorso, quando i prezzi erano stazionari.

Va meglio a Bari dove si registra stabilità il 28 settembre rispetto alla settimana precedente, ma su un prezzo - 3,85 euro al chilogrammo - che è superiore di 20 centesimi al chilogrammo rispetto a quello rilevato lo scorso 27 luglio, segno che su questa piazza i valori all'origine sono più agganciati a quelli della Borsa merci.

Ma la piazza pugliese migliore si rivela Foggia: qui il 1° ottobre il prezzo medio dell'olio Evo è di 3,90 euro al chilogrammo e risulta stabile sulla settimana precedente, ma maggiore di quello rilevato il 30 luglio scorso di ben 40 centesimi al chilogrammo.
Nel segno della stabilità invece le due piazze siciliane ancora rilevate il 29 settembre: Palermo e Trapani sono ferme su 4,10 euro da fine luglio.