Il blocco argentino ai prosciutti europei non è piaciuto a Bruxelles. Un po' a sorpresa la Commissione europea, che in un primo momento pareva poco attenta al problema, ha deciso di impugnare in sede Wto (organizzazione mondiale per il commercio) lo stop argentino alle importazioni di salumi e insaccati. Il perché, come spiegato in precedenza da Agronotizie, sta nella politica decisa dal presidente argentino, Cristina Fernandez de Kirchner, di spingere sulle produzioni interne. E per raggiungere questo risultato, assecondando le richieste di industrie e produttori nazionali, si sono chiuse le frontiere alla concorrenza. Che la politica commerciale argentina cozzi contro le regole del commercio internazionale lo ha confermato il commissario europeo al Commercio, Karel De Gucht, e a premere per una soluzione non c'è solo la Ue, ma anche Giappone, Stati Uniti e Canada, critici nei confronti della “autarchia” argentina.
Sulle trattative potrà pesare lo squilibrio della bilancia commerciale europea, che vede l'import dall'Argentina a quota 10,7 miliardi di euro, contro un export di soli 8,3 miliardi (dati Eurostat). Un'eventuale ritorsione commerciale, sarebbe dunque a tutto svantaggio dell'Argentina. Ma è improbabile che si arrivi a tanto. La posta in gioco, per quanto riguarda l'Italia e i suoi salumi, è di appena 264 tonnellate, un'inezia di fronte alle 138mila tonnellate esportate nel mondo. Certo, il mercato argentino è comunque in crescita e in prospettiva potrebbe rivelarsi interessante. Meglio pertanto far valere le proprie ragioni, tanto più se sostenute dalle regole del commercio internazionale.
I commenti
La presa di posizione della Commissione ha trovato il favore del ministro dell'Agricoltura, Mario Catania, che ha espresso il suo apprezzamento per l'operato della Commissione. “Una risposta adeguata - ha detto il ministro - a misure protezionistiche in contrasto con le più elementari regole del libero mercato.” Sulla stessa lunghezza d'onda Coldiretti che ha affidato ad un comunicato il compito di bollare come “misure protezionistiche del tutto ingiustificate” le restrizioni all'import decise dall'Argentina, ricordando al contempo che nel Centro e Sud America il nostro export di salumi e in particolare di prosciutto di Parma ha avuto incrementi percentuali a due cifre (+33,8%), un trend di crescita che potrebbe essere compromesso dal blocco dell'Argentina. Per Copagri il problema va allargato alle condizioni che si realizzano in Argentina nello sfruttamento della mano d'opera e nelle differenze nei controlli su igiene e qualità rispetto a quanto accade nella Ue. Si è fatta sentire anche Confagricoltura, che dalla vicenda argentina ha preso spunto per ricordare quanto sia importante la tutela a livello internazionale delle denominazioni di origine, fondamentali per la tenuta della suinicoltura italiana.
Diplomazie al lavoro
Ora la parola passa alle “diplomazie commerciali”. Il primo passo sarà quello di cercare un accordo che consenta di rimuovere il problema. Se entro due mesi non si troverà un punto di incontro la parola potrebbe passare al Wto, con la richiesta di creare una commissione alla quale affidare il compito di trovare una soluzione. Speriamo non sia necessario. Le discussioni in sede Wto non brillano per tempismo ed efficacia.