Sommario:
Una delle principali avversità che affligge la coltura dell'albicocco è rappresentata dai marciumi causati da agenti fungini del genere Monilinie spp. Di questi funghi patogeni (noti anche come sclerotinie) sono conosciute diverse specie in grado di colpire gli albicoccheti. M. laxa predilige condizioni termiche più fresche e attacca soprattutto germogli e fiori. Ci sono poi M. fructigena e M. fructicola (comparsa in Italia in tempi recenti), entrambe favorite da temperature più sostenute e che quindi ritroviamo negli eventi infettivi che interessano i frutti.
Le monilinie nel complesso possono infettare fiori, rami, frutti, con una virulenza sorprendente, causando disseccamenti, avvizzimenti, nonché marciumi sui frutti, anche nel periodo di conservazione che segue la raccolta. Se il micete non viene adeguatamente controllato i danni alla produzione in annate particolarmente favorevoli possono avere conseguenze devastanti.
I fiori sono gli organi più suscettibili a M. laxa e in condizioni di elevata umidità questi vengono facilmente contaminati dall'inoculo primario rappresentato da spore prodotte da tessuti vegetali colpiti nella stagione precedente (frutti mummificati). La progressione delle infezioni tra fiori attigui è estremamente rapida, può coinvolgere il ramo fruttifero e determinarne il disseccamento della parte distale.
Danni da monilia su fiore
(Fonte foto: Gianni Ceredi - tecnico sperimentale di Apofruit)
I frutti sono esposti al fungo durante tutti gli stadi fenologici, ma è in corrispondenza della maturazione che la suscettibilità raggiunge i valori massimi. Le albicocche colpite presentano areole marcescenti di colore marrone che si estendono rapidamente coprendosi di "cuscinetti" grigi (M. laxa) o nocciola (M. fructigena), formati dalle fruttificazioni del fungo e da cui si diffondono i propaguli per nuove infezioni.
Ciclo biologico della monilia
Le spore di monilia svernano sulla pianta all'interno di cancri formatisi la stagione precedente, oppure su frutti mummificati in seguito all'invasione del fungo. Questi costituiscono veri e propri 'serbatoi' latenti di propaguli fungini (micelio e spore).
Quando le condizioni ambientali lo consentono le spore trasportate dal vento e dalla pioggia contaminano fiori e frutticini, germinano e danno origine ad infezioni primarie. La sporulazione che si origina dai tessuti infetti coinvolti diventa poi fonte di inoculo per infezioni secondarie.
Il ciclo biologico delle monilinie si consuma in pochi giorni. Attive già a basse temperature (circa 8°C), hanno un optimum di sviluppo tra i 18-24°C, umidità e pioggia incrementano la severità delle infezioni e la contaminazione dei tessuti vegetali suscettibili.
Una appropriata profilassi dal gruppo delle monilinie deve tenere conto non solo dell'impiego di agrofarmaci, ma anche dell'adozione di appropriate pratiche colturali e agronomiche atte alla riduzione del rischio.
Per la corretta difesa di un frutteto di albicocco può essere utile seguire alcune regole.
Pulizia delle piante
A fine inverno, prima della ripresa vegetativa, può essere molto utile asportare le sorgenti di inoculo primario rappresentate principalmente da mummie di frutti presenti sui rami dell'anno precedente.
Potatura
Al fine di contenere i valori di umidità all'interno della chioma ed agevolare nel contempo gli interventi fitosanitari, migliorando l'efficienza della bagnatura, è necessario potare correttamente le piante affinché l'arieggiamento e l'insolazione siano ottimali. In quest'ottica è bene impostare sesti di impianto adeguati alla vigorìa delle piante al momento della realizzazione del frutteto.
Danni da monilia su un rametto di albicocco
(Fonte foto: Gianni Ceredi - tecnico sperimentale di Apofruit)
Concimazione
Concimazioni azotate troppo spinte possono portare ad un rigoglio vegetativo eccessivo, favorevole al fungo e al suo insediamento. Anche la sensibilità dei tessuti vegetali sembra favorita da uno sbilanciamento della nutrizione azotata.
Irrigazione
Come tutti gli agenti patogeni fungini le monilinie prediligono ambienti umidi e ristagni di acqua al suolo. Sono pertanto da evitare irrigazioni eccessive, privilegiando sistemi irrigui di microaspersione localizzati.
Il rispetto delle buone pratiche sopracitate non esclude la necessità di dovere intervenire con fungicidi specifici, tuttavia ne ottimizza le prestazioni riducendone la necessità di impiego.
Agrofarmaci
Sia in regime di conduzione biologica che integrata lo strumento della difesa attiva che fa ricorso all'impiego di agrofarmaci ad azione fungicida resta un'opzione difficilmente ovviabile.
"Gli interventi di profilassi fitoiatrica alle moniliosi trovano nelle fasi fenologiche della fioritura e maturazione dei frutti due momenti centrali. In fioritura il primo intervento deve precedere l'apertura dei fiori in maniera da intercettare il patogeno prima che dia inizio all'infezione primaria", spiega Gianni Ceredi, tecnico sperimentatore di Apofruit.
"Nelle fasi successive, fino alla scamiciatura dei frutticini, il rischio è ancora elevato, pertanto in caso di condizioni ambientali favorevoli allo sviluppo del micete (temperatura tra 8 e 20°C e umidità elevata) il trattamento fungicida va ripetuto".
La monilia è in grado di mummificare i frutti sugli alberi
(Fonte foto: Gianni Ceredi - tecnico sperimentale di Apofruit)
Le due settimane che precedono la raccolta rappresentano un ulteriore passaggio decisivo per la prevenzione del marciume bruno sia per la sensibilità che il processo di maturazione induce verso le moniliosi, sia in previsione delle fasi post raccolta (conservazione e shelf life) durante le quali i processi infettivi possono proseguire ed estendersi per contatto tra i frutti. Un intervento di norma può essere sufficiente in condizioni ambientali non avverse.
"La fitoiatria convenzionale offre numerose sostanze attive con un discreto livello di efficacia contro le Monilinie spp. I formulati commerciali disponibili portano in dotazione sostanze attive singole o miscele di esse. È importante rammentare che funghi patogeni quali Monilinie spp. possono sviluppare fenomeni di resistenze alle sostanze attive impiegate, queste vanno pertanto utilizzate rispettando una necessaria alternanza", sottolinea Ceredi.
"L'agricoltura biologica dispone di formulati indubbiamente più deboli che agiscono sui funghi patogeni direttamente (antibiosi) o indirettamente, per competizione dello spazio o per la possibilità di creare ambienti inospitali al fungo. È consigliabile effettuare in tale contesto colturale uno o più trattamenti autunnali a base di rame allo scopo di ridurre il potenziale di inoculo primaverile".