A più di quattro decadi dalla pubblicazione del libro di Ernst Friedrich Schumacher "Piccolo è bello", la classe politica italiana sembra aver dato un primo passo verso l'agevolazione dei microimpianti di cogenerazione.
La microcogenerazione a biogas, o a biomasse, è di gran lunga la tecnologia più sostenibile per il suo ridotto impatto ambientale rispetto ai grandi impianti, poiché utilizza risorse energetiche locali, preferibilmente di scarto, ed emette meno gas serra rispetto ai carburanti fossili.
La microcogenerazione si prefigura dunque come l'opzione più adatta a garantire la sostenibilità della produzione agricola italiana, basata in maggioranza sull'attività di aziende familiari di dimensioni medio-piccole.

Ai tempi di "Piccolo è bello", l'Italia era leader mondiale in materia di microcogenerazione con il Totem (Total energy module), un modello di cogeneratore a gas prodotto dalla Fiat, installato in alberghi, piscine comunali, e piccoli impianti di biogas. La leggenda urbana dice che l'avvocato Agnelli decretò la fine della produzione del Totem, nonostante il successo e l'affidabilità dello stesso, con la fatidica frase "Noi facciamo auto, mica caldaiette".

Dopo tale clamoroso segno di miopia, tipico della mentalità industriale imperante all'era del "boom economico", seguirono quasi trenta anni in cui legislazione e monopolio statale impedivano di fatto la diffusione della microcogenerazione, ancorando i modelli di consumo alla dipendenza dalle fonti fossili.
L'Italia perse dunque una nascente leadership in un settore, la microcogenerazione appunto, che avrebbe potuto contribuire a mantenere la competitività del paese, in particolare quella dei piccoli allevamenti di bestiame.

Forse ora sta cambiando qualcosa? Facciamo il punto delle situazione.
 
Il decreto attuativo, arrivato tardi, meglio che mai 
Il 29 marzo 2017 è entrato in vigore il Dm Sviluppo economico 16 marzo 2017 che semplifica le procedure di realizzazione degli impianti di microcogenerazione attraverso l'introduzione dei modelli unici. Tale cambiamento amministrativo minimizza gli oneri a carico dei cittadini e delle imprese che decidono di installare il microimpianto.

Il decreto attua l'art. 7-bis del D.lgs 28/2011 che semplifica le procedure autorizzative per la realizzazione di piccoli impianti alimentati a fonti rinnovabili e, più in generale, di interventi di efficienza energetica. Il comma 1 di tale articolo stabiliva che dal 1° ottobre 2014 le comunicazioni per la realizzazione, connessione ed esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili e di unità di microcogenerazione venissero effettuate attraverso l'utilizzo di un modello unico precedentemente approvato dal Mise.

Il nuovo decreto approva due modelli unici distinti: per gli impianti di microcogenerazione ad alto rendimento (Allegato I del decreto) e per gli impianti di microcogenerazione alimentati da fonti rinnovabili (Allegato II). 
Tali modelli diventano disponibili e utilizzabili per la realizzazione di impianti di microcogenerazione una volta decorsi 180 giorni dall'entrata in vigore del Dm 16 marzo 2017, quindi a partire dal 25 settembre 2017.

Per poter usufruire della procedura semplificata, l'impianto deve possedere le seguenti caratteristiche:
  • realizzazione presso clienti finali già dotati di punti di prelievo attivi in media e/o bassa tensione;
  • potenza non superiore a quella già disponibile in prelievo;
  • alimentazione a biomassa, biogas, bioliquidi;
  • contestuale richiesta di accesso al regime dello scambio sul posto;
  • con capacità di generazione < 50kWe;
  • se ricadente nell'ambito di applicazione del Codice dei beni e delle attività culturali (D.lgs 42/2004), gli interventi necessari alla sua realizzazione non devono alterare lo stato dei luoghi e l'aspetto esteriore degli edifici.
     
Un aspetto positivo del decreto è che lascia aperta la possibilità di abbinare un sistema di accumulo di energia all'impianto di microcogenerazione, il che sembrerebbe un passo verso la visione di sostenibilità difesa da Ernst Friedrich Schumacher e dai suoi "discepoli spirituali" (ivi compreso l'autore): una società fatta in larga misura di autoproduttori di energia e cibo, renderebbe un paese meno vulnerabile alle alternanze della politica internazionale, incentrata ancora sugli approvvigionamenti di gas e petrolio.

L'altro aspetto fondamentale riguarda, finalmente, le agevolazioni degli impianti funzionali all'autoconsumo e non di quelli sovradimensionati solo per scopi speculativi.
Peccato che l'articolo 4 del decreto tuteli l'Enel a scapito di ogni logica di sostenibilità e resilienza del territorio, perché di fatto sono esclusi i microimpianti scollegati dalla rete. In altri termini: i microimpianti devono obbligatoriamente essere allacciati alla rete nazionale, in regime di scambio sul posto, e pertanto i gestori sono tenuti a pagare gli oneri corrispondenti.
Di conseguenza, il decreto in questione non fa altro che perpetuare il modello centralizzato di generazione e di distribuzione elettrica, perfino quando non servirebbe, perché l'impianto di cogenerazione può essere autonomo ed indipendente grazie ad un sistema di accumulo.
 
Conclusione?
Ancora è presto per dire quale sarà la reazione del mercato, per cui potremo trarre conclusioni solo alla fine dell'anno in corso.
Finora i produttori di impianti di biogas hanno utilizzato la componentistica degli impianti di grossa taglia anche per proporre gli impianti più piccoli, semplicemente depotenziando il generatore.

In ultima analisi possiamo affermare che tale politica commerciale, sommata all'obbligo di allacciamento in regime di scambio sul posto, rende svantaggiosi i microimpianti a biogas per i piccoli produttori agricoli. Potrebbe essere una opportunità per i costruttori di sistemi di pirogassificazione della biomassa, oppure per i fabbricanti di cogeneratori diesel, in teoria facilmente adattabili al funzionamento con biodiesel, ma non è chiara la convenienza economica.

Ancora una volta sorge spontaneo domandarsi: per quale motivo lo Stato italiano continua a sfornare decreti per incentivare la produzione di energia elettrica, invece di favorire la conversione a biometano dei trattori e altri mezzi di trasporto?