La nuova Pac, entrata in vigore il primo gennaio 2023, è caratterizzata da una forte impronta ambientalista, che ha l'obiettivo di rendere il settore primario più sostenibile. Questo indirizzo è ben visibile per quanto riguarda gli Ecoschemi (più correttamente Regimi per il clima e l'ambiente), ma anche per ottenere il pagamento di base occorre assolvere ad alcuni obblighi di carattere ambientale.

 

Il Sostegno al reddito di base (il pagamento di base) assorbe infatti il 48% delle risorse del Primo Pilastro e ha una distribuzione per Titoli. Eppure, per potervi accedere, l'agricoltore deve rispettare la condizionalità rafforzata, all'interno della quale sono previste nove Bcaa, Buone Condizioni Agronomiche e Ambientali, e undici Cgo, Criteri di Gestione Obbligatori. In particolare la Bcaa 6 obbliga l'agricoltore ad assicurare una copertura vegetale del terreno durante l'inverno di almeno sessanta giorni.

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Bcaa 6 e obbligo di copertura vegetale

Quando un terreno viene lasciato nudo è esposto all'azione degli agenti atmosferici, quali pioggia e vento. Questo porta ad alcuni fenomeni negativi, come ad esempio la lisciviazione dei nutrienti, oppure l'erosione del terreno causata dallo scorrere dell'acqua piovana sul suolo nudo.

 

Per contrastare questo fenomeno il legislatore ha imposto l'obbligo per i campi destinati a seminativi di assicurare una copertura vegetale per almeno sessanta giorni consecutivi nell'intervallo di tempo compreso tra il 15 settembre e il 15 maggio dell'anno successivo.

 

L'agricoltore può seguire tre strade:

  • Lasciare in campo i residui della coltura precedente, come ad esempio gli stocchi di mais.
  • Seminare una coltura autunno vernina, come il grano, che quindi assicura copertura durante tutto l'inverno.
  • Mantenere la copertura vegetale naturale (inerbimento spontaneo) o seminata. Colture pluriennali, come ad esempio l'erba medica, assolvono di fatto all'obbligo.

 

Deroghe ed eccezioni alla Bcaa 6

Come per tutte le Bcaa, anche la 6 prevede alcune deroghe. Non sono tenute al rispetto di questa buona pratica le aziende risicole, in quanto "nelle camere di risaia l'erosione è molto limitata dagli argini rilevati, la pendenza del terreno è nulla, le limitatissime quantità di terra e sostanza organica che dovessero comunque passare dalle aperture degli argini, sono recuperate dall'agricoltore durante la manutenzione dei canali adacquatori e colatori e reinserite nella camera di risaia".

 

Sempre in riferimento alla risicoltura, "l'interramento dei residui in autunno (invece di lasciarli in superficie), in condizioni del terreno adeguate alle lavorazioni, ne accelera la degradazione, riducendo la metanogenesi nella successiva campagna con la risaia sommersa".

 

Inoltre le singole regioni o le province autonome possono decidere un range di tempo più ristretto in cui deve essere garantita la copertura, sempre all'interno del più ampio lasso di tempo descritto dalla norma (15 settembre-15 maggio). Questo in funzione dell'ordinamento colturale prevalente, dell'andamento storico della piovosità e delle caratteristiche pedologiche e di pendenza dei suoli.

 

Ma perché si è deciso di imporre il limite esatto di sessanta giorni? Si tratta di una scelta politica, nata dalla mediazione tra chi proponeva periodi più lunghi e chi invece voleva tempi più stretti. Nel Psp, il Piano Strategico Pac, si legge infatti: "La durata dei sessanta giorni consente di realizzare il compromesso tra un sufficiente accrescimento della vegetazione e conseguente arricchimento in sostanza organica del suolo e il rispetto dei tempi necessari alla buona conduzione delle lavorazioni del terreno, nonché delle coltivazioni principali che si avvicendano negli ordinamenti produttivi italiani".

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