Prezzi bassi e costi alti. Si potrebbe riassumere così la difficile situazione che sta mettendo in ginocchio le stalle da latte italiane.
Da una parte il prezzo del latte pagato agli allevatori che si ferma poco oltre i 38 centesimi al litro, dall'altro il vertiginoso aumento dei costi dell'energia e soprattutto delle materie prime destinate all'alimentazione degli animali.
Gli unici a salvarsi, per il momento, gli allevatori che hanno la possibilità di conferire il latte per la trasformazione in formaggi Dop.
Qui i prezzi sono più alti, ma anche in questo caso i margini sono stati erosi dai maggiori costi di produzione.

Una situazione che assume sempre più i caratteri di un mutamento strutturale, piuttosto che di una crisi congiunturale, destinata a esaurirsi.
Frutto del mutato scenario che dopo gli aumenti produttivi (superata la quota di 12 milioni di tonnellate) vede l'Italia avvicinarsi all'autosufficienza, conseguenza anche del calo dei consumi di latte.
Trovare una via di uscita non è facile. Chiedere alle industrie di trasformazione di pagare di più il latte si scontra con l'aumento dei costi che anche queste sono costrette a sopportare, in particolare per l'aumento dei costi dell'energia.
Un aumento dei prezzi al consumo parrebbe l'unica via percorribile. Ma certo non la più semplice, tanto più all'uscita da una crisi economica generata dalla pandemia e dalla tendenza già in atto a ridurre i consumi di latte.


I protagonisti

Sono questi gli interrogativi al centro del "Tavolo del latte" voluto dal Ministero per le Politiche Agricole, attorno al quale si sono seduti tutti i rappresentanti della filiera, dalle organizzazioni agricole al mondo della cooperazione, alle rappresentanze delle industrie di trasformazione.
Presente anche la distribuzione organizzata, alla quale va una "fetta" importante del valore dell'intera filiera, valore certo maggiore di quello riservato alla parte agricola.
Distribuzione che in più occasioni si è dichiarata pronta a difendere il potere di acquisto dei consumatori. Il che suona come una ferma indisponibilità a ritoccare verso l'alto i prezzi di vendita, piuttosto che a ridurre i propri margini.

Molte le idee per affrontare questa crisi, fra queste quella più condivisa, stando alle dichiarazioni dei vari partecipanti, quella di istituire un Organismo interprofessionale al quale affidare il compito di collegare le componenti della filiera, dalla fase agricola alla distribuzione, per monitorare il mercato del latte e affrontare le criticità.
Sulla carta una bella idea, vedremo se avrà un seguito e soprattutto se potrà essere efficace sul piano pratico.
Intervenire sul mercato e razionalizzare la catena del valore, oggi sbilanciata a favore della distribuzione, è un compito oggettivamente molto complesso e di difficile realizzazione.


Le proposte

Più concreto il "Fondo Filiere Agricole", che ha destinato 26 milioni alla zootecnia da latte, iniziativa che ha raccolto il plauso del presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti.
Che chiede però di fare di più, agendo ad esempio sulla leva fiscale, promuovendo il consumo del latte e favorendo una crescita della produzione interna di materie prime per l'alimentazione del bestiame, fronte sul quale pesa il deficit italiano.

Quello di una campagna di informazione che faccia piazza pulita degli sciocchi pregiudizi sul latte è un progetto sostenuto anche dal presidente di Coldiretti, Ettore Prandini.
Sua la preoccupazione che questa crisi possa portare via una importante fetta di un sistema fatto di animali, ambiente e prodotti tipici, il cui esito finale sarebbe lo spopolamento e il degrado di territori, specie in zone svantaggiate.

L'obiettivo, secondo il presidente di Cia, Dino Scanavino, è una rapida revisione del prezzo del latte, tenuto conto che l'aumento dei costi di produzione ha inciso nel 2021 per 2,4 centesimi al litro.
Costi che, a detta di Franco Verrascina, presidente di Copagri, hanno sottratto agli allevatori quasi 250 milioni di euro nel solo 2020. E il futuro, con gli imminenti rincari sul fronte energetico, darà un altro duro colpo agli allevamenti.
Sarebbe allora necessario, questa la proposta, l'istituzione di una struttura tecnica alla quale affidare il compito di certificare il costo di produzione del latte alla stalla, dal quale far discendere un prezzo equo da riconoscere agli allevatori.


La trasformazione

Incoraggiante la disponibilità espressa da Assolatte, l'associazione delle industrie del settore, ad adeguare verso l'alto il prezzo del latte.
Ma non sarà facile, poiché l'aumento dei costi, come ha ricordato il presidente di Assolatte, Paolo Zanetti, ha colpito pesantemente le imprese di trasformazione.
Un aumento dei costi sopraggiunto all'indomani delle conseguenze della pandemia, durante la quale le industrie del latte hanno continuato a raccogliere e lavorare tutto il latte prodotto.
Un impegno che ha assorbito ingenti investimenti.

Un aumento del prezzo del latte è tuttavia il percorso che anche il mondo della cooperazione si dice pronto a intraprendere.
Per Giovanni Guarneri, coordinatore del settore "latte" di Alleanza delle Cooperative Agroalimentari, questa crisi rischia di diventare strutturale.
Mentre la produzione di latte aumenta, il prezzo del latte alla stalla è quello di venti anni fa e nel frattempo i consumi diminuiscono.
A questo insieme di elementi negativi si aggiunge un carico burocratico insostenibile.
La proliferazione di nuovi adempimenti rende sempre più complessa la gestione dei caseifici, aumentando il rischio di affossare del tutto il comparto.
Meno burocrazia, questa la ricetta proposta da Guarneri, e nuovi sbocchi commerciali aggredendo i mercati emergenti.

L'interprofessione

Le idee e le proposte per risollevare il comparto latte non mancano.
Difficile semmai è attuarle, ma il ministro per le politiche agricole, Stefano Patuanelli, cui va il merito di aver istituito questo "Tavolo del latte", sembra intenzionato ad andare avanti.
Tanto da confermare la prossima realizzazione di un organismo interprofessionale al quale affidare il compito di monitorare i costi di produzione del latte.
Al contempo dovrà occuparsi di riunire periodicamente i responsabili della filiera del latte per affrontare (e risolvere, si spera) le criticità del settore.

Riuscirci non sarà semplice. In ogni caso è bene non perdere tempo.
E il primo banco di prova sarà il rinnovo dei contratti in Lombardia, cui spetta il compito di apripista come regione con la maggior quantità di latte prodotta.