È un interessante studio sul rapporto fra suini e pipistrelli quello condotto dall'Istituto Zooprofilattico delle Venezie.

Questi animali, entrambi appartenenti alla grande classe dei mammiferi, condividono molte caratteristiche.

Condizione che può favorire il passaggio di patologie virali da una specie all'altra, uomo compreso.

Nessun motivo di allarme all'orizzonte, tanto più che la presenza del pipistrello è un segnale di "benessere ambientale" e un utilissimo elemento per contenere la proliferazione di insetti nocivi per gli animali stessi e per le colture agricole.

 

Ciò non toglie che una stretta convivenza fra le due specie sia da evitare.

Vale per i pipistrelli come per altre specie, si pensi ai roditori o agli animali domestici.

Le misure di biosicurezza valgono anche per loro, in quanto inconsapevoli veicoli di patogeni.

Un esempio per tutti, il virus della peste suina africana, che per passare da un cinghiale a un suino può approfittare del "passaggio" offertogli dalle zampe di un qualunque animale, come delle scarpe di un addetto alla stalla.


Pipistrelli e coronavirus

Tornando allo studio citato, il team di ricercatori si è occupato in particolare di valutare i fattori di rischio per la trasmissione di virus dai pipistrelli ai suini.

L'attenzione è stata puntata sui coronavirus, famiglia alla quale appartiene anche il covid-19, contrazione del suo nome inglese Coronavirus Disease 19, divenuto tristemente famoso.

 

L'infezione da coronavirus respiratorio nei suini non è motivo di particolare preoccupazione, in quanto il decorso è benigno e sovente asintomatico.

L'interesse per questa categoria di patogeni è semmai legata alla possibilità che il passaggio dai pipistrelli ai suini posa fungere da "ponte" per un successivo adattamento all'uomo, uno "spillover" come abbiamo imparato a conoscere con l'emergenza covid-19.


"Insetticida" naturale

L'interesse per i pipistrelli prende le mosse dalla forte concentrazione di coronavirus presente in questi "mammiferi volanti" e dal loro sistema immunitario che li rende molto resistenti nei confronti di questi patogeni.

Caratteristica è poi la loro alimentazione, basata sugli insetti, che vengono catturati in grande numero. Un esemplare è in grado di assumere in un giorno una quantità di insetti pari a metà del suo peso corporeo.

La presenza di una elevata concentrazione di insetti è di conseguenza una delle condizioni che possono favorire l'insediamento di pipistrelli.

Situazioni ambientali favorevoli sono poi legate alla presenza di luoghi dove trascorrere il periodo invernale che avviene in uno stato di ibernazione.


La ricerca

Da queste premesse è facile intuire che un allevamento di suini può divenire per alcuni aspetti (proliferazione di insetti, possibile rifugio) attrattivo per i pipistrelli.

Partendo da queste considerazioni lo studio ha preso in esame la situazione di oltre una decina di allevamenti di suini nei quali si è accertata l'assenza di barriere per impedire il contatto fra suini e pipistrelli e in qualche caso carenze nell'applicazione delle necessarie misure di biosicurezza.

 

Al contempo sono state individuate otto diverse specie di pipistrelli (fra i più diffusi P. kuhlii, P. pipistrellus e H. savii) alcune delle quali con presenza di coronavirus che gli stessi pipistrelli possono condividere fra loro.

Una situazione che potrebbe aumentare il rischio di ricombinazione genetica.


Più pipistrelli, meno contatti

Pur se si tratta solo di un'ipotesi, la possibilità di un passaggio pipistrello-suino-uomo non può essere esclusa, con le intuibili conseguenze.

Per questo lo studio si conclude con due distinte considerazioni, solo all'apparenza in contraddizione.

Da una parte i vantaggi conseguenti alla presenza di pipistrelli, che svolgono un prezioso lavoro di contenimento degli insetti, fra questi quelli dannosi alle colture e agli stessi animali.

Dall'altra la necessità di evitare una stretta convivenza fra pipistrelli e suini.


Il ruolo degli allevamenti

Evitare l'ingresso di altri animali è una regola valida per tutte le aziende zootecniche e non solo nei confronti dei pipistrelli.

Sia per la salute degli animali sia per quella delle persone, in un'ottica ispirata dal paradigma One Health, una "salute unica" che accomuna animali e uomo.

Non va dimenticato che molti virus sono capaci di evolvere e trasferirsi da una specie all'altra, compresa quella umana.

 

Come i coronavirus, anche quelli dell'influenza aviaria possiedono queste caratteristiche e vanno tenuti sotto controllo.

Lo dimostrano i casi di bovini colpiti da ceppi H5N1 ad alta virulenza che a loro volta hanno aggredito persone.

È accaduto negli Usa, come riferito da AgroNotizie®.

 

Ora dall'Università di Hong Kong giungono gli esiti di una ricerca che altri ceppi, in questo caso H9N2, possono colpire l'uomo.

Fortunatamente con sintomatologie modeste. Ma si conferma ancora una volta l'importanza di evitare condizioni che favoriscono la comparsa di varianti ricombinanti di virus, potenzialmente pericolosi per gli animali e per l'uomo.

Gli allevamenti possono fare molto per ridurre questi rischi. A proprio vantaggio e per quello della collettività.

 

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