Non inizia bene questo 2022 per le stalle italiane.
Gennaio si è infatti aperto con un ulteriore aumento del prezzo della soia che sulla piazza di Bologna sfiora i 600 euro al quintale, circa Il 19% in più rispetto al 2021 e quasi il 70% in più rispetto al 2020.
Situazione analoga per il mais, le cui quotazioni si collocano ora a oltre 270 euro al quintale (più del 30% di aumento rispetto a gennaio 2021).
Considerando che queste due materie prime sono fra i principali "ingredienti" della dieta degli animali in produzione zootecnica, se ne deduce che i costi di produzione sono destinati ad aumentare ulteriormente.
Certo, si possono cercare altre fonti proteiche rispetto alla soia e altri cereali rispetto al mais.
Ma il risparmio è modesto, a dispetto degli sforzi dei nutrizionisti per mettere a punto formule alimentari di pari valore alimentare, capaci di mantenere adeguati livelli produttivi.
Il caro bollette
Al costo dell'alimentazione, che rappresenta circa il 70% dei costi globali di produzione, si aggiungono ora gli aumenti della bolletta energetica e in particolare di quella per la fornitura di elettricità.
Per gli allevamenti avicoli, dove sono sempre in funzione impianti di condizionamento ambientale energivori, gli aumenti sono significativi.
Pesante la situazione per gli allevamenti di bovini da latte, dove mungitrici e impianti di refrigerazione del latte fanno salire il costo delle bollette.
Chi è stato previdente ha installato pannelli fotovoltaici e realizzato impianti di biogas.
Non sempre in grado di coprire i fabbisogni energetici di un'azienda.
Latte e carne sottocosto
Nemmeno i mercati sembrano andare incontro alle difficoltà delle stalle.
Il prezzo del latte è fermo a circa 39 centesimi al litro, pochi centesimi in più del solo costo di alimentazione.
Ancora si è in attesa dei 4 centesimi di aumento che sarebbero dovuti giungere dallo sforzo congiunto della filiera lattiero-casearia.
Solo buoni propositi, rimasti sulla carta.
Non va meglio per la carne, dove gli aumenti di prezzo, comunque modesti, sono stati erosi dall'aumento dei costi.
Prendiamo il caso dei suini: il 2021 si è chiuso con la redditività degli allevamenti scesa di oltre il 17%, come rilevano le analisi mensili del Crefis, puntualmente riportati da AgroNotizie.
I mangimi
Sino a qualche mese fa gli aumenti dei costi delle materie prime non si sono riverberati totalmente sul prezzo dei mangimi.
E' stato possibile grazie alle scorte nei magazzini, acquistate a prezzi ancora "accettabili".
Ma ora quelle risorse sono esaurite e al contempo sono arrivati gli aumenti dei costi energetici, significativi nella produzione di mangimi.
Anche per le industrie mangimistiche è tempo di ritoccare i listini, ovviamente verso l'alto.
Per le stalle un altro salasso, spesso insostenibile.
L'appello
Uno scenario apocalittico del quale si è fatta interprete Assalzoo, l'associazione delle industrie produttrici di mangimi, che ha lanciato un appello affinché vengano presi provvedimenti per sostenere il comparto.
"La mangimistica - ricorda Lea Pallaroni, segretario generale di Assalzoo - è un segmento fondamentale della filiera agro-zootecnica-alimentare italiana ed è in grave difficoltà nel riversare a valle questi aumenti sugli allevatori oramai al collasso. Sostegni mirati a favore del settore primario e manifatturiero non sono più rinviabili".
Un appello che meriterebbe di essere ascoltato, tenuto conto del valore strategico delle produzioni zootecniche.
Un settore la cui importanza si spinge oltre i confini dell'economia per assumerne di più importanti sul piano sociale, ambientale e culturale.
L'emergenza sanitaria lo ha messo in evidenza e sarebbe colpevole non trarne insegnamento.