La stagione produttiva 2021 si sta chiudendo malissimo per l'apicoltura italiana, con un crollo generalizzato delle produzioni dovuto principalmente all'andamento climatico che soprattutto in primavera è stato particolarmente sfavorevole, tra gelate tardive e forti e prolungate precipitazioni.

Un crollo che in certe zone ha segnato la perdita totale di alcuni raccolti, come l'acacia, ma che ha toccato anche la produzione di altri mieli.

Ma accanto alle prime stime sull'andamento produttivo, che in alcuni casi segnalano già perdite anche del 95% del prodotto atteso, si sta riscontrando anche un calo delle importazioni del miele estero.

A darne notizia è la Fai, Federazione apicoltori italiani, sulla base dei rilevamenti del primo trimestre del 2021 pubblicati dall'Istat, che riportano un calo dell'acquisto di miele estero per il mercato italiano.

Un calo delle importazioni che ormai sta andando avanti di alcuni anni e che nell'ultimo triennio ha ridotto i quantitativi importati da 27.874.961 chilogrammi a 22.303.640 chilogrammi che rappresenta un calo del 20%.

Oltre a calare le quantità di miele estero in arrivo, cambia anche la provenienza. Secondo quanto riportato dalla Fai, oggi il principale paese importatore è l'Ungheria, che copre circa la metà dell'import totale e che quest'anno ha già fatto registrare un ingresso di 4.239.445 chilogrammi, per un valore di circa 15 milioni di euro e un prezzo medio di 3,5 euro al chilo.

Tra i paesi importatori segue al secondo posto la Spagna, che ha raddoppiato il suo quantitativo di miele venduto all'Italia con circa 700mila chilogrammi, con un prezzo medio di 2,6 euro al chilo.

La Cina invece scende al terzo posto tra gli importatori, con un prezzo medio di appena 1,38 euro al chilo, e intanto prendono sempre più piede sul mercato italiano la Serbia e l'Ucraina.

Così, come sottolineato nel comunicato della Fai, ad oggi circa l'85% del miele importato è di origine europea, anzi di origine comunitaria, dal momento che Ungheria e Spagna sono stai membri dell'Ue.

Un quadro che per la Fai non è certo rassicurante con gli apicoltori italiani colpiti sempre più spesso da annate difficili, costretti a competere in un mercato dove scarseggia la materia prima, i reali costi di produzione non vengono riconosciuti e dove non manca la concorrenza sleale, tra cui anche il rischio della triangiolazione di miele cinese, rivenduto poi come miele europeo o addirittura comunitario.

Ma a tutto questo non si può non aggiungere una considerazione: il fatto che in annate in cui scarseggia il miele italiano si riduca anche l'importazione lascia pensare che tutto il mercato del miele sia in calo.

Un calo che, oltre all'offerta, evidentemente coinvolge anche la domanda di miele in un contesto come quello italiano dove il consumo di miele procapite è sempre stato basso.

Una situazione che ormai non può essere trascurata se si vuol salvaguardare il comparto apistico nazionale, sia per quanto riguarda le politiche e gli eventuali aiuti per il settore sia per la promozione del consumo di miele e dei prodotti apistici.