Proteste, occupazioni di macelli, allevatori in piazza e una situazione che vede tra i 22mila e i 25mila allevamenti “a rischio bancarotta”. Siamo in Francia e le parole sono del ministro dell’Agricoltura Stephane Le Foll, che nei giorni scorsi, insieme al primo ministro Manuel Valls, ha presentato il piano di sostegno per gli allevamenti francesi.

Il piano si articola su sei assi: prezzi; ristrutturazione del debito (lo Stato si accolla 50 milioni di euro di interessi e la banca pubblica d’investimento garantisce prestiti per 500 milioni di euro); alleggerimento degli oneri fiscali e sociali per 600 milioni di euro per gli allevatori maggiormente in difficoltà; sviluppo della contrattualizzazione; sostegno all’esportazione; sviluppo del biometano e del fotovoltaico per le stalle. 

La decisione del governo segue l’appello che il presidente della Repubblica François Hollande aveva rivolto nei giorni scorsi alla grande distribuzione, con l’obiettivo di migliorare la remunerazione degli agricoltori e degli allevatori, alcuni dei quali in forte difficoltà, specialmente nel comparto bovino e suino, con quotazioni di mercato al di sotto dei prezzi di produzione.
Rivolgo un appello alla grande distribuzione – ha detto Hollande – affinché offra ai consumatori la qualità dei prodotti e agli allevatori un prezzo remunerativo”.

Nel mirino c’è anche la promozione del made in France. “I grandi supermercati si sono impegnati ad aumentare i prezzi per dare un sostegno ai produttori – ha proseguito – e faremo in modo che tale accordo sia rispettato e che l’approvvigionamento con prodotti francesi sia privilegiato ovunque”.

Un altro elemento che si è andato a concretizzare è l’alleggerimento della pressione fiscale. “Dobbiamo allentare i vincoli, se vogliamo che la zootecnia viva e non sopravviva”, ha ammonito l’inquilino dell’Eliseo.
Hollande ha anche risposta sulla necessità di aumentare un po’ il prezzo dei prodotti made in France. È comprensibile che il consumatore faccia i conti al centesimo e che se acquista un prodotto che viene da lontano è perché è più conveniente. Ma “ci vogliono acquisti di prodotti francesi”, ha detto il capo dello Stato.
Dobbiamo fornire informazioni sulla qualità dei prodotti, sulla sicurezza; che hanno un prezzo. Questo è il motivo per cui l’origine Francia identifica il prodotto”. Altro appello: “È anche responsabilità delle comunità, nelle mense e nei centri vacanza; ci vogliono acquisti francesi”.

Lo stesso ministro Le Foll, incalzato dalle proteste, aveva preso posizione, avanzando l’intenzione di “riorganizzare l’offerta francese valorizzando il logo Viande de France, che permette al consumatore di essere al sicuro sull’origine dei prodotti. In questo modo sarà disposto a pagare un prezzo leggermente maggiore”.
L’appello a riordinare la filiera, programmare un rilancio attraverso misure di emergenza e a provvedimenti a breve termine, nonché a mantenere gli impegni era stata espressa anche dal presidente del Senato, Gerard Larcher.

Anche le imprese di macellazione hanno evidenziato lo stato di difficoltà che non colpisce soltanto gli allevatori. Michel Boulaire, presidente e amministratore delegato dell’omonimo gruppo bretone deputato a macellazione a trasformazione della carne suina (1.500 dipendenti e un fatturato di 500 milioni di euro l’anno), in un’intervista a Les Echos ha stimato di perdere 5-10 euro per suino macellato.

La situazione in Italia: il sollecito di Fava al Mipaaf
L’approccio costruttivo dei cugini transalpini ha scatenato l’assessore all’Agricoltura della Lombardia, Gianni Fava, che rivendica il primato zootecnico della regione, col 42% del latte prodotto a livello nazionale, il 40% della carne suina, il 30% della carne bovina.
Mentre il ministero delle Politiche agricole tergiversa sulle azioni da adottare per salvare la suinicoltura e la zootecnia in generale, in Francia il primo ministro Manuel Valls e il ministro dell’Agricoltura Stephane Le Foll hanno presentato un piano salva-stalle”, ha tuonato l’assessore lombardo.
Il piano varato dalla Francia mi sembra ben congegnato – ha sostenuto Fava – e si declina in sei punti cruciali che potrebbero tranquillamente essere adottati anche da noi”.

Inoltre – ha aggiunto – in questi giorni è stato molto chiaro l’invito del presidente Hollande a consumare carne francese, spiegando che un possibile costo superiore rispetto a quella importata era dovuto da una certificazione in grado di garantire l’origine, la qualità e la sicurezza alimentare. I francesi hanno il coraggio di farlo, da noi il Mipaaf teme l’apertura di una procedura d’infrazione per aver difeso, una volta tanto, il made in Italy. Per non dire del silenzio del presidente Mattarella, fatta eccezione per qualche dichiarazione di circostanza durante la visita a Expo”.
L’assessore Fava ha ricordato inoltre che “quando poco meno di due anni fa la Lombardia mise a disposizione 20 milioni di euro di tasca propria per sostenere la filiera suinicola, il governo non si espresse nemmeno, autorizzandone l’impiego. È ora che qualcuno svolga il proprio ruolo a tutela dell’agricoltura con più convinzione”.

Martina chiama Le Foll
Nella serata di ieri, il ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina ha chiamato il collega francese Le Foll, avanzando la proposta di una sinergia tra Italia e Francia al consiglio Agrifish di settembre in materia di latte e suini.