Norme che anche viste da Sud sembrano a prima vista efficaci, per salvaguardare i livelli produttivi e i prezzi del latte alla stalla, almeno stando a quanto riferiscono ad AgroNotizie Michele Pannullo, presidente di Confagricoltura Campania e Gennarino Masiello, presidente di Coldiretti Campania e vicepresidente nazionale dell’organizzazione. La realtà campana è stata una delle più colpite dalla crisi del latte. Gli allevamenti in Campania tra il 2007 e il 2013 sono passati da 4.490 a 2.989. Le stalle campane che hanno chiuso i battenti sono state 1.501 con la più alta percentuale di decremento (-33%) nel confronto con le altre regioni d'Italia.
I contratti di vendita del latte dovranno essere scritti e con durata minima di un anno. Con il decreto viene ribadita la necessità del contratto scritto come previsto dall'articolo 62 del decreto-legge n. 1 del 2012, inoltre deve espressamente contenere il prezzo da pagare alla consegna che può essere fisso o legato a fattori determinati, come indicatori di mercato, volume consegnato e qualità o composizione del latte crudo.
Questo aspetto del decreto piace: ”Era indispensabile questo intervento del governo – dice Pannullo, presidente di Confagricoltura Campania, che sottolinea - il contratto scritto obbligatorio e di almeno un anno, offre maggiori garanzie all’allevatore e premia chi lavora in un’ottica di medio periodo, investendo sul benessere animale, favorendo quindi la qualità del latte assecondando le buone prassi di allevamento”.
Sulle stesse corde Masiello, campano e vicepresidente nazionale di Coldiretti: "Personalmente vengo da un settore, il tabacco, dove i contratti sono scritti e pluriennali, e danno forza agli agricoltori, che sono nelle condizioni di pianificare il futuro, bisogna tendere in tutte le filiere a fornire questi punti di appoggio per dare stabilità, nel caso del latte il settore, che esce dal regime delle quote, va accompagnato nel segno della stabilità dei rapporti”.
Il decreto prevede la creazione dell’organismo interprofessionale nel settore latte, con un organismo unico su base regionale, che raccolga almeno il 20 per cento di rappresentatività degli operatori e possa poi assumere decisioni valide “erga omnes”
"Se si riesce a strutturare la filiera del latte come si è fatto per il pomodoro al nord le cose non possono che andare bene" dice Pannullo. Secondo l’esponente di Confagricoltura occorre però differenziare le tipologie di latte: ”Nel settore bufalino assistiamo a dinamiche di assenza di una concorrenza internazionale e di un prodotto finale in forte espansione, un proscenio completamente opposto a quello del latte vaccino, dove chi commercializza il prodotto finale deve fare i conti con i prezzi del nord Europa e del nord Italia, che sono sicuramente inferiori, perché basati su prezzi alla stalla più bassi, su tanto credo vada fatta una riflessione accurata per andare verso organismi interprofessionali legati ai prodotti finali delle singole filiere”.
Più prudente Masiello: “Il decreto delinea i primi passi per approdare all’organismo interprofessionale nel settore latte, occorre in questo caso costruire bene gli organismi, fare in modo che in Italia funzionino come in altri Paesi, che diventino realmente il punto di riferimento della filiera, la rappresentatività deve esserne il punto cardine".
Sul rafforzamento del contrasto alle pratiche sleali di mercato con l’Antitrust e le multe più salate a chi contravviene agli obblighi dell’articolo 62 Masiello tiene a precisare: ”Multe da 50mila euro non spaventano certo i grossi gruppi multinazionali che sono approdati nel Sud e che sono entrati nel mercato del latte, certo il fatto che il governo abbia inasprito le sanzioni sottolinea un principio di tutela verso la parte allevatoriale che è importante di per sé”.