La Brexit è ancora un nodo da sciogliere e tiene col fiato sospeso anche l'agricoltura, seppure con qualche spiraglio di ottimismo. Dal forum "Agriculture & Food Summit 2018", organizzato da Politico a Parigi, è intervenuto Paolo De Castro, primo vicepresidente della Commissione Agricoltura del Parlamento europeo.

"Vorrei rassicurare gli agricoltori italiani ed europei: la bozza di accordo sul divorzio tra l'Ue e il governo britannico conserva lo status quo negli scambi agroalimentari tra le due sponde della Manica, salvaguardando il riconoscimento delle indicazioni geografiche"
"Se il Parlamento di Westminster validerà la bozza di intesa - ha precisato De Castro - Londra non avrà più voce in capitolo nelle decisioni delle istituzioni europee, ma continuerà a far parte del mercato interno all'Ue come avviene oggi. Posizione che manterrà fino al 2020 con la possibilità di estenderla ad una data da definire. In questa situazione Londra non potrebbe concludere accordi commerciali bilaterali".

A completare il quadro è ancora l'ex ministro dell'Agricoltura, oggi cardine delle politiche agricole europee. "La prospettiva di uno scenario di no-deal, rischierebbe di essere catastrofica per tutti - prosegue l'eurodeputato De Castro -. Non dimentichiamoci che il Regno Unito è il mercato unico agricolo e alimentare più integrato in Europa, con il 56% delle esportazioni agroalimentari britanniche che arrivano nell'Unione, mentre l'Ue realizza con il Regno Unito il 7% di tutte le sue esportazioni".

Gli scenari comunque non sono ancora definiti e ci sono margini di miglioramento, ma anche di deterioramento dei rapporti di amicizia politica, economica e commerciale fra Unione europea e Regno Unito.

A chiedere di definire meglio la strada verso "un futuro più sicuro per il sostegno agricolo" e superare le fasi di incertezza è stato, solo pochi giorni fa, Jonnie Hall, oxfordiano, direttore della politica della National Farmers Union (Nfu) Scotland, l'associazione nazionale degli agricoltori scozzesi.
Fino al 31 dicembre 2020, rende noto Hall, tutto il sistema di politica agricola nel Regno Unito sarà comunque all'insegna della Pac.
"Il vero premio derivante dall'uscita dall'Ue è lo sviluppo e l'implementazione di nuove politiche agricole, che siano personalizzate in base alle esigenze uniche della Scozia", ricorda il direttore politico della Nfu Scotland, ribadendo attraverso il proprio blog che il sindacato degli agricoltori "sta cercando garanzie da parte del governo scozzese sulla sua rotta legislativa prevista per consentire ai ministri di sviluppare e fornire una nuova Politica agricola scozzese oltre la Pac".

Un percorso a ostacoli, frenato anche da contrasti di natura politica, che in questa fase stanno purtroppo contando più delle soluzioni tecniche. "Questo è esattamente il motivo per cui Nfu Scotland ha assunto un ruolo così attivo", ha riferito Hall, rimarcando i "tre grandi passi verso la certezza".

Innanzitutto, il fatto che nel 2019 "i pagamenti possono essere effettuati e saranno fatti agli agricoltori e ai coltivatori per le richieste di risarcimento presentate nell'ambito dei regimi Pac del Primo e Secondo pilastro. Ciò che sta causando l'incertezza è che attualmente i governi britannico e scozzese non sono d'accordo su quale Parlamento abbia l'autorità di approvare questa legislazione". A breve si dovrebbe pronunciare sulla questione la Corte Suprema.

Un altro tema caldo riguarda la capacità del governo scozzese di effettuare pagamenti agli agricoltori per l'anno 2020. In teoria il regolamento comunitario sui pagamenti diretti della Pac dovrebbe applicarsi fino al 2020, fine dell'attuale programmazione della Pac. "Tuttavia, il progetto di accordo sul ritiro del Regno Unito dall'Ue - precisa il direttore di Nfu Scotland - afferma che i pagamenti diretti agli agricoltori nell'ambito dei regimi di sostegno Pac non si applicano nel Regno Unito per l'anno di domanda 2020. Mancherebbe, per una dimenticanza, la clausola applicativa per consentire l'applicazione del regime di impronta comunitaria anche nel 2020".

Al momento "nel suo documento di consultazione Stabilità e semplicità, il governo scozzese ha dichiarato di preferire continuare con i sistemi e i pagamenti correnti, con alcune modifiche minime, attraverso una transizione agricola dal 2019 al 2024. Tuttavia, allo stato attuale il governo scozzese non ha confermato che intende perseguire una legislazione primaria che consentirebbe il proseguimento dei pagamenti di base e di tutti gli altri aiuti diretti (cioè il Primo pilastro) entro e oltre il 2020. Pertanto, è una preoccupazione che al momento non vi sia chiarezza".
Serve assolutamente una legge del Parlamento scozzese, così come servirà una legislazione primaria per "sviluppare e attuare una nuova politica 'non Pac' dal 2021". Gli agricoltori scozzesi chiedono dunque sicurezze, garanzie, rotte legislative ben chiare, perché è evidente che la Scozia ha la necessità di avere una propria politica agricola, dal momento che le esigenze dei propri imprenditori sono diverse dalle aspettative dell'agricoltura britannica.

Per la presidente della Scottish rural action, Amanda Burgauer, "è inutile essere un agricoltore o un produttore di alimenti se il tuo mercato non è disponibile per te senza tariffe o senza una catena di approvvigionamento che ti farà arrivare i tuoi prodotti in tempo", ha sottolineato.
Il Regno Unito riceve ogni anno 500 milioni di sterline dall'Unione europea, ha ricordato Mike Rumbles dei liberaldemocratici: "Questo denaro potrebbe scomparire dalla nostra economia rurale se non ci mettiamo d'accordo".