Le immagini satellitari, acquisite dall’orbita in tempi diversi, sono in grado di “vedere” il cambiamento a livello di pixel: una maggiore presenza di pixel verdi indica una maggiore diversità degli ecosistemi. L’apparecchio Modis, in orbita a 700 chilometri dalla terra, riesce a scansionare porzioni di territorio fino a 250 metri, mentre altri sensori utilizzati dai ricercatori possono arrivare fino a mezzo metro di risoluzione. Da quella distanza gli esperti di San Michele all’Adige sono stati testimoni del disboscamento nella foresta amazzonica, dove nel corso degli anni i pixel ad elevato valore di vegetazione sono diminuiti, lasciando spazio al suolo nudo.
Il satellite, oltre a quantificare l’andamento della biodiversità globale, è utile perché riesce a monitorare le zone più impervie del Pianeta, come il Burma, nel Sud Est Asiatico, e la Tanzania nell’Africa equatoriale. Le immagini catturate dallo spazio sono servite a creare modelli di sviluppo e scenari di paesaggio virtuale utili alla gestione dei “polmoni verdi” della Terra. Il gruppo di lavoro, che comprende Duccio Rocchini, già premiato nel 2011 dalla Earth and space foundation americana, ha sorvolato virtualmente anche il Trentino, dove nel breve periodo i cambiamenti sono molto meno evidenti, grazie alla gestione forestale programmata a livello provinciale.
Il saggio “Biodiversity of the world: a study from space”, che contiene i risultati della ricerca sulle foreste, verrà pubblicato a breve nel nuovo “Remote Sensing Handbook” edito da Taylor & Francis, uno dei più prestigiosi publisher in ambito accademico e scientifico.
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Fonte: Fondazione Edmund Mach - Istituto Agrario di San Michele all'Adige