Le esportazioni di cibi e bevande made in Italy aumentano del 12 per cento fuori dall’Unione europea, dove si è arrivati a realizzare oltre 1/3 del fatturato dei prodotti agroalimentari diretti all’estero nel 2013.
E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti sulla base dei dati Istat relativa al commercio estero nei primi cinque mesi dell’anno.

La maggioranza delle spedizioni extracomunitarie è diretta verso  i Paesi asiatici (che crescono dell’8 per cento) e gli altri Paesi europei che non fanno parte dell’Unione; questi ultimi sono anche quelli che crescono di più (+11 per cento rispetto allo scorso anno), superando di poco in valore assoluto gli Stati Uniti (in crescita del 7 per cento).

Coldiretti riporta che il prodotto alimentare italiano più esportato all’estero è il vino.
Un segnale positivo in vista dell’ Expo che deve rappresentare l’occasione per fare conoscere la vera identità del prodotto italiano all’estero dove il nemico maggiore – sostiene la Coldiretti - sono le imitazioni low cost con il cosiddetto “Italian sounding” che colpisce i prodotti più rappresentativi dell’identità alimentare nazionale. Nei diversi continenti sono infatti in vendita inquietanti aberrazioni, dallo “Spicy thai pesto” statunitense al “Parma salami” del Messico, ma anche una curiosa “mortadela” siciliana dal Brasile, un “salami calabrese” prodotto in Canada, il “provolone” del Wisconsin, gli “chapagetti” prodotti in Corea.
Le denominazioni Parmigiano Reggiano e Grana Padano sono le più copiate nel mondo con il Parmesan diffuso in tutti i continenti, dagli Stati Uniti al Canada, dall'Australia fino al Giappone, ma in vendita c'è anche il Parmesao in Brasile, il Regianito in Argentina, Reggiano e Parmesao in tutto il Sud America.
"Bisogna combattere un inganno globale per i consumatori che causa danni economici e di immagine alla produzione italiana sul piano internazionale cercando un accordo sul commercio internazionale nel Wto per la tutela delle denominazioni dai falsi" conclude la Coldiretti.