In Sardegna entra nel vivo la campagna per la produzione del pecorino ed è iniziata la corsa dei trasformatori per acquistare il latte dei pastori con il prezzo di remunerazione che sale a 0,85 centesimi al litro.

Dopo la pubblica denuncia di Coldiretti sui contratti civetta a 50 centesimi, le industrie casearie hanno cominciato a far lievitare il prezzo del latte, temendo di restare senza latte, in una stagione produttiva che si preannuncia in calo rispetto alla precedente, a causa della siccità autunnale e degli scarsi investimenti dei pastori, terrorizzati dal clima pesante che si era creato proprio sulla determinazione dei prezzi di cessione del latte ovino.

Sono stati questi i principali contenuti di una conferenza stampa tenuta da Coldiretti Sardegna ieri, 21 novembre 2016, a Cagliari, tutta puntata sulla campagna del pecorino in corso.

“E’ la conferma che la trasparenza dei dati aiuta l’anello più debole della filiera, in questo caso i pastori" ha spiegato nella conferenza stampa il presidente di Coldiretti Sardegna, Battista Cualbu.

La sovrapproduzione di latte che non c'è
“Per mesi ci hanno bombardato parlando di sovrapproduzione di latte (430 milioni di litri), annunciando il crollo del prezzo del Pecorino romano. Alibi usato, ad aprile, per abbassare il prezzo del latte in corso di stagione (da 90 a 80 centesimi) - ha detto Cualbu parlando dei trasformatori - e poi per la campagna alle porte, oltre che per bussare in regione alla ricerca di aiuti finanziari. Abbiamo risposto a questa tattica studiando il mercato e l’andamento della stagione, in una situazione difficile, in cui recuperare un dato diventa un’impresa”.

Alla fine la Coldiretti era riuscita a smascherare il bluff. L’annata appena trascorsa non è stato munto un solo litro di latte in più rispetto alla precedente: 286,6 milioni, come certificato dall’organismo di controllo Ineq, e non 430 milioni, come annunciato dai trasformatori.

La previsione ha avuto il solo risultato di spaventare il mercato. A pagarne è stato il prezzo del Pecorino passato dai 9,50 euro al chilo a circa 6, con una perdita di oltre 100 milioni euro, "tutti pagati dai pastori, che si sono visti abbassare il prezzo del latte a 90 centesimi prima e 80 da aprile in poi" sottolineano i vertici di Coldiretti Sardegna.

“A stagione terminata i trasformatori non hanno avuto il buon senso di rendere pubblici i dati di produzione del latte e chiedere scusa sulle previsioni strampalate e sull’incapacità di programmare le produzioni di Pecorino romano – ha ricordato il direttore di Coldiretti Sardegna, Luca Saba - Anzi, hanno cercato di cavalcare il clima di terrore che avevano creato proponendo ai pastori più in difficoltà contratti a 50 centesimi. Contratti civetta fatti firmare per spianare la strada alla contrattazione al ribasso”.

Regione assente
La grande assente è stata la regione – ha sintetizzato Cualbu -. In assenza di un arbitro che faccia rispettare le regole a tutti, il più forte (il trasformatore) prevarica sul più debole (il pastore). Arriva sempre fuori tempo. L’interprofessionale lo chiedevamo da tre anni, quando il mercato tirava e c’era la serenità di tutti per sedersi a un tavolo”.
 
“E’ fondamentale che la regione Sardegna eserciti il proprio ruolo di coordinamento – hanno sottolineato i dirigenti di Coldiretti Sardegna - L'ente deve pretendere la trasparenza dei dati e garantire che ogni euro pubblico investito sul comparto sia equamente distribuito in tutta la filiera. A tutti i livelli ed in ogni settore, e lo stesso evolversi delle contrattazioni del latte di questi giorni, ci dicono e dimostrano che la certezza dei dati è la base della legalità e verità”.

Credito
“Chiediamo da tempo una politica creditizia agricola seria - ha sottolineato Cualbu - Lo abbiamo ribadito anche quest’anno a tempo debito. Il credito di conduzione o esercizio, ad esempio, è uno strumento utile che abbiamo invocato perché consentirebbe di contrastare il fenomeno delle caparre. Per questa stagione però è superato perché le caparre sono già state intascate”.

Il ruolo del Mipaaf
Coldiretti sabato scorso ha strappato anche l’impegno del ministro alla Politiche agricole Maurizio Martina per inserire nel bando agli indigenti il Pecorino romano: dai 5 ai 10 mila quintali.
La condizione è sempre la stessa, ribadita pure dal ministro: avere dati certi sulle eccedenze e ricadute su tutta la filiera.

Eccedenze ballerine
"Anche in questo caso, infatti, i trasformatori sparano numeri senza riscontri ed a volte contradditori. Adesso indicano in 100mila quintali le eccedenza, in realtà si dovrebbero fermare a circa la metà: 50 mila quintali" dice Saba.

“La precondizione per far partire la misura sugli indigenti – ha argomentato Saba – è quella di avere dati ufficiali, oltre alla certezza di diluire i benefici degli interventi pubblici su tutta la filiera. Sono finiti i tempi in cui c’è chi la crisi la paga e chi la sfrutta per ingrassarsi. In questa discussione rientra anche il prezzo del latte che deve essere di dominio pubblico e non sussurrato all’orecchio. Questi metodi appartengono al passato e non sono più proponibili”.