Nonostante la Brexit, il Regno Unito resta uno dei mercati potenzialmente più interessanti e di prospettiva per le imprese alimentari italiane. Svalutazioni della sterlina e volatilità dei mercati finanziari non aiuteranno né l’economia né la propensione di spesa dei consumatori inglesi, ma, secondo Nomisma, il posizionamento di cui gode il made in Italy alimentare in questo mercato lascia presagire spazi di crescita interessanti per i nostri produttori, in particolare per il settore lattiero-caseario.

La società bolognese di ricerca economica ha condotto un survey su un campione di circa 1100 consumatori inglesi nel periodo a ridosso del referendum del Paese di uscire dall’Ue. I risultati saranno presentati in occasione del lancio di Agrifood Monitor, la prima piattaforma informativa sulla filiera agroindustriale nata dalla collaborazione tra Nomisma e Crif, il prossimo 12 luglio al Palazzo di Varignana, nei pressi di Bologna.

Per gli inglesi il food&beverage rappresenta la categoria di prodotti più identitari del made in Italy – sottolinea Denis Pantini, direttore dell’area agroalimentare di Nomisma - ancora più di moda e accessori, tanto che 8 consumatori su 10 dichiarano di aver acquistato nell’ultimo anno almeno un prodotto alimentare italiano”.

Nel 2015 l’export agroalimentare made in Italy nel mercato britannico ha superato i 3,2 miliardi di euro, a fronte dei 2,96 del 2014 e degli 1,9 del 2005, con una crescita decennale del 70%. Una crescita che non si arresta neppure nel 2016, con un aumento dell’export del 3%.

La prima voce dell’export è il vino con 746 milioni di euro – continua Pantini – seguono i formaggi insieme a pasta e carni trasformate, a figurare tra i principali prodotti del made in Italy commercializzati nel Regno Unito”. Focalizzando l’attenzione sui formaggi, sono la mozzarella e il Parmigiano Reggiano i preferiti dagli inglesi, in particolare per l’unicità dei gusti e sapori (42% dei consumatori) e la tradizionalità del processo produttivo (29%). Un 18% degli intervistati è soddisfatto del buon rapporto qualità-prezzo.

Quest’ultimo particolare è assolutamente da considerare, se si pensa che il consumatore inglese è molto sensibile al prezzo nell’acquisto di prodotti alimentari. Per questo, secondo Nomisma, il Regno Unito resta un mercato da presidiare e sul quale investire, valutando le necessità e anche gli ostacoli e le difficoltà che con Brexit potrebbero amplificarsi. Tra questi bisogna segnalare il sistema di etichettatura a semaforo, il cosiddetto “traffic light labelling” (etichetta a semaforo), i cui effetti si sono dimostrati negativi sulle vendite dei prodotti italiani nella Gdo inglese e per il quale sono stati fatti passi in avanti a livello comunitario nel percorso di avvio per la procedura d’infrazione.