Gli allevatori italiani chiedono il rispetto della legge 91 del luglio 2015 che, in esecuzione dei principi comunitari, impone che il prezzo del latte bovino alla stalla debba commisurarsi ai costi medi di produzione. Cosa che sovente non si verifica al Sud, dove la Coldiretti ha inscenato importanti manifestazioni di protesta per la mancata revisione dei contratti con le aziende imbottigliatrici e con le aziende casearie. E, soprattutto le prime, da gennaio premono per una progressiva riduzione del prezzo del latte alla stalla.
 
"Una condizione di sofferenza - denuncia Coldiretti Campania - generata dalle scelte delle multinazionali e delle industrie del settore-lattiero caseario, che continuano ad aumentare l'importazione di latte dall'estero utilizzandolo con marchio italiano per prodotti freschi e lavorati. Mettendo sotto pressione il prezzo alla stalla in loco".
Il prezzo alla stalla praticato da Parmalat su Caserta è sceso dai 45 centesimi di gennaio ai 37 centesimi al litro di ottobre. A Salerno la Newlat, cha ha acquistato la Centrale del Latte dalle mani del comune di Salerno, a gennaio ha portato il prezzo del latte da  43, 75 centesimi al litro a soli 38, 05 centesimi.
 
Al presidio di corso Europa a Napoli hanno partecipato il presidente di Coldiretti Campania, Gennarino Masiello, e il direttore Simone Ciampoli.
 
“Ai consumatori – spiega Coldiretti Campania – chiediamo di supportare la richiesta degli allevatori pretendendo di conoscere la provenienza degli alimenti. Costringiamo insieme le multinazionali e le industrie del settore lattiero-caseario a dichiarare nelle etichette l'origine dei prodotti che mangiamo. Sulle tavole delle nostre famiglie e nei prodotti che diamo ai nostri bambini c'è meno sicurezza e verità, mentre le nostre stalle sono controllatissime, con una media di un controllo a settimana”.
 
Nei prodotti semi-lavorati c'è il caso emblematico delle cagliate per mozzarella. In Campania - secondo Coldiretti - arrivano dall'estero oltre 300.000 quintali di cagliate all'anno, senza che il consumatore lo sappia, per produrre formaggi senza latte: prevelentemente mozzarelle e formaggi a pasta filata. 
 
“Giusto prezzo per il giusto latte!”, “Di latte ce n’è uno solo: quello italiano!”, “Perché truffare i consumatori?”: sono questi solo alcuni degli slogan gridati nella manifestazione della Coldiretti Puglia a Bari, dinanzi ad un centro commerciale di rione Japigia. Il prezzo del latte fresco moltiplica quattro volte nel passaggio dalla stalla allo scaffale,  ma agli allevatori non rimangono neanche quei pochi centesimi necessari per dare da mangiare agli animali.
 
“Il prezzo del latte alla produzione in Puglia è oggi ben al di sotto dei costi di produzione del latte stesso– ha spiegato il presidente di Coldiretti Puglia, Gianni Cantele -  i nostri allevamenti versano in una grave situazione, dovuta non solo alla crisi, ma anche e soprattutto a queste evidenti anomalie di mercato. L’industria ha deciso unilateralmente di tagliare i compensi per il latte alla stalla di oltre il 20 per cento in meno rispetto allo scorso anno. A farne le spese gli allevatori e i consumatori ignari perché manca l’etichettatura dell’origine del latte che, fatta eccezione per il latte fresco e i formaggi Dop, consente d’importare latte e prodotti caseari dall’estero e trasformarli in prodotti "italiani" rendendo indistinto oltre il 40% della produzione nazionale”.

“La vita o la morte di molte stalle sopravvissute fino ad ora in Puglia – sottolinea Coldiretti - dipende da almeno 5 centesimi per litro di latte che si ricavano dalla differenza tra i costi medi di produzione pari a 38-41 centesimi e i compensi riconosciuti scesi a 34 centesimi al litro”.

In Puglia a fronte dei 1.939 allevamenti che producono 3,6 milioni di quintali di latte bovino, le importazioni di latte dall’estero raggiungono i 2,7 milioni di quintali, alle quali si aggiungono 35mila quintali di prodotti semi-lavorati quali cagliate, caseine, caseinati e altro, utilizzati per fare prodotti lattiero-caseari che vengono, poi, "manipolati" e trasformati in prodotti lattiero-caseari made in Puglia.

"Per questo in soli 10 anni in Puglia hanno chiuso circa 3.800 stalle, una agonia veloce e drammatica degli allevamenti, con un crollo pari ad oltre il 58% del patrimonio zootecnico pugliese – sottolinea Coldiretti, che fa notare- sono riuscite a sopravvivere con grande difficoltà appena 2.700 stalle, a causa principalmente del prezzo del latte, oggi ben al di sotto dei costi di produzione del latte stesso".