Continua a crescere il prezzo del latte spot, quello venduto fuori dai contratti fra allevatori e industrie. Sulla piazza di Lodi, punto di riferimento per questo prodotto, il prezzo ha superato i 46 centesimi di euro al litro, proseguendo una corsa iniziata dallo scorso marzo. Stessa evoluzione per il prezzo del latte spot di importazione, con incrementi rispetto ad un anno fa di circa 10 centesimi al litro. In Lombardia, regione di riferimento in Italia per la produzione del latte, il prezzo sembra invece essersi congelato ai 40 centesimi al litro stabilito dagli accordi interprofessionali, pur se scaduti già dallo scorso marzo. “Congelato” è pure il tavolo delle trattative fra le parti, con gli allevatori che premono per un aumento in linea con le tendenze del mercato e le industrie indisponibili ad andare oltre il limite dei precedenti accordi. Per sbloccare la situazione l'assessore all'Agricoltura della Lombardia, Gianni Fava, ha aperto un tavolo di confronto fra le parti. Il prossimo appuntamento è per il 9 luglio, ma sono in pochi, al momento, a credere in una svolta.
Sarà per questo che dal presidente della Coldiretti lombarda, Ettore Prandini (non a caso allevatore), è partita un'iniziativa che pur avendo il sapore della provocazione potrebbe cambiare le regole del gioco.
 

L'esposto
Partendo dal presupposto che gli allevatori non sono nelle condizioni di interrompere le consegne di latte alle industrie di trasformazione (le vacche vanno munte tutti i giorni, ovviamente), i produttori si trovano costretti a “subire” le condizioni dettate dalle stesse industrie. Una situazione che determina comportamenti commerciali che cozzano contro il dettato dell'articolo 62 (quello che regola i rapporti commerciali in campo agroalimentare), specie quando si fa leva sul prezzo, proponendo cifre al di sotto dei costi di produzione. Con queste premesse Coldiretti Lombardia ha presentato un esposto all’Autorità garante della concorrenza e del mercato per segnalare il comportamento di Italatte e Parmalat, entrambe del gruppo francese Lactalis. Queste società, infatti, hanno proposto ai loro fornitori un prezzo di 40 centesimi, contro un costo di produzione del latte alimentare che va oltre i 55 centesimi, come si evince da una recente indagine condotta dal Crpa di Reggio Emilia nelle stalle di pianura. Dati confermati da un'analoga indagine di Ismea che pone oltre i 49 centesimi al litro il costo di produzione in Lombardia per stalle di dimensioni medie (fra i 100 e i 300 capi).

Le dichiarazioni
E’ evidente come i 40 centesimi offerti da Parmalat e Italatte non siano affatto proporzionati al valore del latte che ritirano dalle stalle – afferma Ettore Prandini – si tratta di uno squilibrio sanzionato dalla legge che vieta pratiche che determino prezzi palesemente al di sotto del costo di produzione medio dei prodotti oggetto delle relazioni commerciali e delle cessioni da parte degli imprenditori agricoli”.

 

Mercato in altalena
Qualunque sia la risposta dell'Antitrust, la denuncia ha comunque il merito di aver dato un'accelerazione al rinnovo delle trattative sul prezzo. Anche se sfondare il muro dei 40 centesimi al litro, sul quale si sono arroccate oggi le industrie, sarà tuttavia un'impresa ardua. La situazione mondiale del comparto non lascia troppo spazio all'ottimismo. In Australia il prezzo del latte in polvere è in flessione, negli Usa sta calando la quotazione del burro. Passando alla Ue, si segnala il calo in Polonia del prezzo del burro e del formaggio Eddam. Flessioni per la polvere di latte si registrano poi sul mercato olandese. Solo in Gran Bretagna gli allevatori sono riusciti a strappare un leggero aumento del prezzo del latte (poco più di un centesimo al litro) e le ragioni di questo aumento, pur modesto, si possono forse cercare nel calo della produzione di latte registrata in questo Paese. In calo è però la produzione di latte di tutta la Ue e ciò potrebbe convincere le industrie del latte ad aprire, almeno un po', i cordoni della borsa.