Anno positivo il 2010 per il comparto avicolo. Lo ha anticipato un'analisi di Ismea presentata in occasione di Fieravicola e della quale si è parlato anche su Agronotizie. Ora la conferma arriva da Una, l'Unione nazionale dell'avicoltura, che ha diffuso in questi giorni i dati economici del settore relativi allo scorso anno. Spicca la crescita del consumo di carni avicole che sfiora i 19 kg pro-capite e che cancella definitivamente la crisi del 2005 da influenza aviare mediatica (giornali e tv paventarono un allarme inutile ancorché inesistente). Merito della capacità del settore di imporsi con un prodotto di buona qualità e a prezzi bassi, entrambi vincenti in un periodo di crisi economica dalla quale ancora si stenta ad uscire.

 

Carne preferita

L’avicoltura italiana – ha detto il presidente di Una, Aldo Muraro nel commentare i dati del settore - ha saputo reagire bene alla crisi e i prodotti avicoli continuano a svolgere un ruolo determinante nell’alimentazione degli italiani, grazie anche alla loro capacità di coniugare gusto, sicurezza e praticità d’uso alle esigenze economiche della popolazione. Per il 2011 le produzioni avicole dovrebbero assestarsi su valori prossimi a quelli del 2010.

Entrando nel dettaglio dei vari comparti produttivi spicca la crescita delle carni di pollo la cui produzione è aumentata del 5,2% assecondando la maggior richiesta del consumo interno (che si è portato a 11,96 kg pro-capite) e incentivando l'export, cresciuto del 40,9%. Risultati meno positivi invece per le carni di tacchino la cui produzione si è ridotta del 4,58% a fronte di un consumo anch'esso in flessione del 5,25%.

 

I numeri

Un esame di tutti i prodotti dell'avicoltura evidenzia una crescita produttiva del 2% (1,2 milioni di tonnellate) e il consumo totale si è collocato a 1,12 milioni di tonnellate, pari a 18,58 kg pro-capite.

In flessione la produzione delle uova (12,8 miliardi, -2,06%) ed arretra anche il consumo (12,9 miliardi, -1,27%). Su questo settore, sottolinea l'Unione dell'avicoltura, pesa il processo di adeguamento degli allevamenti alla normativa europea sul benessere delle ovaiole.

Interessante è poi l'analisi economica proposta da Una, che ha evidenziato la stabilità del fatturato del settore negli ultimi dieci anni. Nonostante gli aumenti dei costi di produzione sopportati dagli allevatori, la spesa degli italiani per pollame e uova, tenuto conto del tasso di inflazione, è dunque rimasta praticamente immutata. La conseguenza è però una minore redditività degli allevamenti e anche nel 2010, a fronte di un aumento dei costi del 5%, i prezzi, sono rimasti allineati a quelli dell'anno precedente. Uno scenario che potrebbe replicarsi anche nel 2011, vista la difficoltà a trasferire sui prezzi di vendita l'aumento dei costi di produzione, alimentato dalla crescita dei prezzi delle materie prime per i mangimi, la cui corsa difficilmente si arresterà prima dell'estate, con i nuovi raccolti.